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Fabbricante di bestseller

Confessioni di uno scribacchino che voleva conquistare le classifiche e le bancarelle con il mondo Young Adult. Erin Doom, quasi trentenne emiliana, ce l’ha fatta grazie a Oliver Twist e a Wattpad. Donne vittime che vogliono redimere il maschio danneggiato e frasi instagrammabili. Che invidia

Un giorno forse mi costituirò pubblicamente. Un giorno forse confesserò che mi celo io dietro il tale pseudonimo usato per pubblicare il tale romanzetto per ragazzine – e ragazzini: mi toccherà scrivere ragazzin*? – per la tale (grossa) casa editrice. Un giorno forse rivelerò che sono George Eliot, sono Richard Bachman, sono Robert Galbraith, sono Elena Ferrante, sono Erin Doom (su quest’ultima tornerò a breve); sono tutti quelli che si sono nascosti, per un po’ o per sempre, e hanno sconquassato l’editoria globale. Un giorno forse, come il mago di Oz, scosterò la tenda. Ma quel giorno non mi si filerà nessuno. Perché quel libercolo non è diventato il bestseller sperato, e io non mi sono trasformato in un bestsellerista da classifiche e bancarelle, e quindi tanto vale non farlo mai e non correre neanche il rischio di sputtanarsi.

Quel romanzetto era un cosiddetto – secondo la dicitura corrente – Young Adult. La prima volta che sentii le parole magiche Young Adult fu molto prima di quell’occasione (mancata) lì. Ma quello era il momento in cui l’editoria italiana scopriva la gallina dalle uova d’oro (no: glitter gold). O forse era giusto un attimo più tardi, l’attimo in cui in molti editor(i) nostrani pensarono – nel mio caso cannando clamorosamente i modi e i tempi – che, se il successo era tale in ogni luogo e lago, tanto valeva fabbricarlo in proprio. La prima volta che sentii le parole magiche Young Adult non avevo nemmeno capito bene che fosse, secondo alcuni, soltanto roba per teenager, e infatti così non era. Ricordo però che pensai – e ciò accadeva ben prima che i social diventassero lo specchio collettivamente mitomane che sono oggi – ma che nuovissima e originalissima categoria sarà mai, questa che sta sotto l’etichetta Young Adult; è ovvio che siamo tutti adulti-ragazzini, o che quantomeno lo siamo diventati, noi quarantenni, poco meno o poco più, che passiamo il tempo a mettere cuoricini sotto le foto di Timothée Chalamet (all’epoca c’era già, Timothée Chalamet?) e a bisticciare nei thread di Facebook come se un poltergeist c’avesse riprecipitati nell’ora di ricreazione della quarta elementare. E infatti poi l’arguto Jason Reitman ci fece un film delizioso, intitolato semplicemente Young Adult, che non c’entrava nulla con il nuovo genere letterario: c’era Charlize Theron che faceva, appunto, l’adulta-ragazzina, e basta.

Sto parlando da boomer (ma non siete tutti boomer, voi che leggete?), ma provate a figurarvi il quadretto: uno scribacchino (io) formatosi con i romanzi russi, con i film engagé, con il mito degli editoriali seri sui giornali seri (anche con Ok, il prezzo è giusto!, d’accordo, ma adesso non cavilliamo) che si trova a buttar giù la storia di due überfamosi una volta fidanzati e poi malamente piantatisi (lui scaricò lei, recitava naturalmente la vulgata Young Adult), due celebs, come si dice oggi (lo sono ancora sia lui sia lei, forse persino più noti e seguiti di prima), che s’erano amate pazzamente, e pazzamente scoprivano di non poter stare insieme, che disdetta. E, tutt’attorno, la famiglia di lei (famosa anch’essa), le ex di lui (famose pure loro), un’amica (devo ancora dire famosa?) che – c’inventammo di sanissima pianta – aveva avuto un aborto, insomma tutta roba così, da melodramma di Raffaello Matarazzo (i film del Novecento, anche quelli non proprio engagé, tornavano utili), da perfetto Harmony per teenager d’oggi che gli Harmony non sapevano nemmeno cosa fossero. O meglio: lo sapevano benissimo, li avevano letti tutti, solo che non si chiamavano più così. Anni dopo, non troppi, io che ero reduce da quel campione di vendite mancato scoprii che uno scrittore Premio Strega aveva ghostscritto il romanzo d’un gruppetto d’influencer, e mi sentii meno solo.

Dunque, ricapitolando: il genere Young Adult già esisteva, a me era noto ma come può essermi noto ora Twitch (non l’ho mica capito ancora troppo bene: imparerò, ma solo se stavolta divento ricco per davvero), e di colpo mi trovavo catapultato nel mondo che, a detta degli editori anche nostri, si fondava su regole tutte nuove. “I primi capitoli dovete metterli su Wattpad”, insegnavano. E ancora: “Seguite tutte le possibili lettrici su Wattpad, parlateci” (in realtà usavano la parola “engaggiare”, ricalcato così, à l’italienne). E poi: “Se i primi capitoli funzionano su Wattpad, allora magari facciamo il botto per davvero”. Io sentivo quel Wattpad infilato ovunque e strabuzzavo gli occhi, e però poi m’applicavo, aprivo quella piattaforma dei miracoli e sceglievo farfalline azzurre come fotoprofilo, followavo altri profili a caso, e con la mente volavo: presto potrò passare le mie giornate a rileggere tutti i romanzi russi, e a rivedere tutta la filmografia di Éric Rohmer, perché sarò diventato milionario come Anna Todd e non dovrò pensare più a niente. (Anna Todd è l’autrice della saga After; prima di diventare un caso editoriale da trilioni di copie, la saga After è stata autopubblicata su Wattpad; anche sulla saga After tornerò a breve).

Ho riesumato questo mio rovinoso tentativo di far saltare il banco dell’editoria italiana ora che Erin Doom (rieccola) ha fatto saltare il banco delle classifiche editoriali italiane. Erin Doom è un magnifico nom de plume dietro cui si cela non si sa chi, o meglio si sa poco. È, pare, una quasi trentenne emiliana, si dovrebbe chiamare Matilde, ha una formazione giuridica (mica ha perso tempo con le belle lettere come me) e sta facendo un sacco di soldi coi suoi due libri, Fabbricante di lacrime prima e Nel modo in cui cade la neve poi, pubblicati da Salani. Sulla copertina del primo c’è una farfalla azzurra (un caso??!?! non credooooo!!!), e soprattutto c’è il bollino “Vincitore The Witty Award”, ovvero i premi che, copio dallo sgrammaticatissimo sito italiano, “rappresentano al meglio l’impegno di Wattpad per scoprire e portare alla luce le più belle storie complete tra dozzine di categorie diverse in oltre dieci lingue”. Dunque pure Erin Doom è nata, editorialmente, lì (per poi traslocare su Amazon), e dopo ha avuto il booster di Instagram e soprattutto di TikTok (ecco perché io non sono diventato un caso megamondiale: perché non mi sono aperto un account sul social dei balletti!), e insomma ora è il talk of the town. Fabbricante di lacrime è una storia vagamente fantasy che comincia in mezzo agli orfanelli come Oliver Twist e soprattutto come La piccola principessa, il grande romanzo di formazione dell’ultima generazione del secolo scorso che probabilmente Erin Doom manco conosce.

Dentro Fabbricante di lacrime e Nel modo in cui cade la neve ci sono frasi che avrei potuto scrivere io (vabbè), che potrebbero stare in un qualsiasi Young Adult, solo che funzionano meglio delle altre, sono più instagrammabili delle altre. Un’ulteriore base del successo è la riproducibilità in serie delle citazioni, come fossero gli Nft di un Banksy: basta possedere un pezzo, e condividerlo sui propri feed, per dire di avere tutta l’opera. Frasi del tipo: “Noi siamo rotti… Non siamo come gli altri. Ma […] forse ci siamo spaccati in pezzi per incastrarci meglio”; “Ti amo da prima di sapere cosa volesse dire”; “Certi amori non li coltivi. Sono come le rose selvatiche: sbocciano raramente e ti fanno stare sulle spine” (questa la mia preferita). In una recente intervista a Repubblica – la prima che ha elenaferrantemente concesso, ci tengono tutti a precisare – dichiara che ha iniziato a scrivere “per seguire una passione, occupandomi di altro nella vita, così ho scelto il nickname DreamsEater, che è diventato il mio pseudonimo, per tenere separata la vita di tutti i giorni dall’ambito creativo. Il successo mi ha travolto al di là di ogni aspettativa. La scelta dello pseudonimo però resta. Non per creare aloni di mistero, attirare attenzione, semmai il contrario, dietro all’anonimato c’è un’esigenza di privacy” (io, mitomane, sottoscrivo). Non cita come modello Anna Todd – “Non ho letto After” – bensì “J.K. Rowling: è stata lei la prima a farmi capire che nei libri ci può essere un mondo”: l’orfano di riferimento è dunque Harry Potter (sempre non a caso, anche Erin Doom è pubblicata da Salani). Poi ci sono le considerazioni di prammatica: quant’è bello il rapporto diretto con i lettori (“Un giudizio fresco, nudo, crudo dei tuoi lettori, che possono dare consigli, è un modo di mettersi alla prova”) e quant’è buono il profumo della carta (“Poter prendere tra le mani il libro reale, cartaceo, rispetto a leggerlo solo online, conta ancora tanto”). Ma la frase cruciale è un’altra: “C’è chi fin da bambino vuol fare lo scrittore: non è il mio caso”.

Mi pare allora che il vero significato (e significante) di Young Adult stia precisamente qui: in una generazione di scrittori che non voleva manco scrivere, e che si ritrova semplicemente a rielaborare ciò che già esisteva, a rimaneggiare, ritinteggiare di fresco (di scuro). È come l’antico modo di tramandare oralmente, di trascrivere e riscrivere, attraverso cui, un poco alla volta, si montavano e smontavano i pezzi dello stesso poema. L’altra frase chiave dell’intervista, relativa proprio a Wattpad, è: “Chiunque può pubblicare a puntate una storia, aggiornandola di volta in volta con un nuovo episodio fino alla conclusione”. Non valgono quasi più i libri veri e propri, vale lo spazio conclusus in cui il genere vive, e muore, e tutte le volte risorge. L’altro concetto imprescindibile alla base dello Young Adult è quello di fanfiction, altra parola magica che io imparai quando m’imbarcai sulla nave delle meraviglie che poi invece naufragò. Fanfiction sta sì per vite immaginate, e romanzate, dei famosi, ed è la cosa che ho fatto io con la mia complice; sbagliando per via di un dettaglio fondamentale: i due protagonisti della nostra storia erano dei famosi troppo famosi, e troppo belli, e troppo ricchi, dunque a immedesimazione zero; più che altro, erano il pretesto per un puro e semplice pettegolezzo che non poteva costituire la vera base di un successo Young Adult. I fan che fanno realmente fiction sono quelli che, appunto, rielaborano materiale altrui, tenendo tutto dentro lo stesso mondo, dentro lo stesso confine.

Il solito After della solita Anna Todd nasce come fanfiction di Harry Styles, che però lì non è ritratto come la popstar che tutti conosciamo: è solo un bulletto che deve ancora scoprire cos’è l’amore (e come si trattano le donne). My Dilemma Is You di Cristina Chiperi è una fanfiction sullo youtuber Cameron Dallas. Cinquanta sfumature di grigio non puntava propriamente al pubblico giovane, ma ha acchiappato pure quello perché all’origine è una fanfiction di Twilight. Tutto è collegato, in un sistema di vasi comunicanti che, nel tempo, ha costruito un immaginario che ormai fa capo solo a sé stesso.

E che si è allargato dai libri, digitali o di carta che siano, all’intero scenario audiovisivo. Al di là delle saghe letterarie diventate saghe cinematografiche (sempre After, sempre Fifty Shades), lo Young Adult cine-seriale è un genere che ormai ha i suoi filoni che si copiano/citano a vicenda: i più fortunati sono quello delle malattie (Colpa delle stelle, A un metro da te, Noi siamo tutto, Il sole a mezzanotte, e via diagnosticando) e quello del sesso (declinato in un softporn solo fintamente per adulti: Bridgerton e 365 giorni, per citare due dei titoli di maggior successo su una nota piattaforma, conservano tutti gli elementi dello Young Adult classico). In generale, e sintetizzo assai, permane quel consueto universo di donne vittime, solo fintamente empowered, che dovrebbero redimere il solito maschio danneggiato e però nei fatti continuano a dipendere dalla sua attenzione. Pezzi che dovrebbero incastrarsi, ma poi non succede quasi mai (immagine gettonatissima: la usai pure io come pitch, chiedo scusa, della trama). Amori sbeccati, personaggi storti, strascichi emo che non sembrano ancora sopiti. Erin Doom, che spero diventi presto film (serie Netflix?), mi pare – da osservatore poco esperto, da fabbricatore di storie di un mondo che non conosceva e che continua a non conoscere – la sintesi attualmente decisiva. La prossima volta che non scriverò un bestseller, farò tutto come lei.

Mattia Carzaniga (Vimercate, 1983), giornalista. Ha scritto “L’amore ai tempi di Facebook” (Zelig, 2009, con Giuseppe Civati) e “Facce da schiaffi” (ADD editore, 2011).