Cerca

Il nespolo di casa mia

Il mio primo libro da adulti, «I Malavoglia» ha dato il via al fraintendimento dell’immedesimazione. Marzo è il mese in cui sono nata, in cui sono insonne e in cui leggo di più. «L’umanità è un tirocinio» di Domenico Starnone e «Cronache dal disordine» di Teresa Cremisi

Marzo è il mese in cui sono nata. Ed è il mese nel quale, per la prima volta, ho preso in mano un libro da adulti. O così mi pareva. Un regalo di mia madre. I Malavoglia. Per scherzare, credo, per farmi sentire non solo di carne ma pure di carta, in una storia più lunga di quella che ci era toccata in sorte. Anche davanti la casa che abitavamo, infatti, c’era un nespolo. E c’è ancora. A Scauri. Il cane che è stato con noi per diciassette anni, Tex – il gatto si chiamava Kit, si comprenda da qui la varietà di letture a mia disposizione nell’infanzia e nell’adolescenza – mangiava le nespole e sputava gli ossi. Un numero da circo. Gli guardavo le gengive scoperte e i canini candidi nel tentativo, talvolta lo spasmo, di separare la polpa dalla buccia. Ci riusciva. Altro numero da circo. Applausi. Il pubblico ero io. Silenzio. Chiuso il romanzo, tuttavia, ho smesso di chiamare casa mia, la casa del nespolo, perché la vicenda di padron ’Ntoni e dei suoi non comincia bene, non prosegue bene e non finisce bene. Perché, mi chiedevo e avrei voluto chiedere a mamma, dare un passato tragico a un figlio?, non è meglio, a quel punto, a questo punto, il nostro, nessun passato? Che poi non esiste nessun passato.

Comunque, non c’entravamo niente con i Malavoglia, ero io che tendevo sia a immedesimarmi che a fraintendere l’immedesimazione. Un disturbo dell’umore che si ottiene solo coi libri. Vivere non tra gli estremi, ma negli estremi. Un esercizio di equilibrio. Equilibrio e disturbo dell’umore nello stesso gesto, leggere. Comunque, marzo che non è il più crudele dei mesi è quello in cui leggo di più – succede sempre nei mesi di trentun giorni? – la primavera sboccia e fa dormire, e ricorda a me che sono insonne. Che la mia insonnia può interrompersi, ma resta quiescente, carsica, in agguato, suadente, seducente quasi, inevitabile soprattutto, come il visitatore dell’indio sperduto nella foresta amazzonica in una breve novella di João Guimarães Rosa, Mio zio il giaguaro, che non mi pare sia più disponibile se non su Maremagnum. Credo fosse pubblicato da Guanda, adesso che lo cito vorrei rileggerlo, ma trovo solo Miguilim, Feltrinelli, tascabile (prefazione di Tabucchi, traduzione di Bizzarri), che fine ha fatto il giaguaro? Sarà scappato, d’altronde l’indio nel libro cacciava giaguari, e il visitatore mutaforme ha già detto ciò che doveva, ed è sparito. I libri nuovi, che non c’erano fino a qualche settimana fa, sono due. Sono tanti, ma dico di due. E sono raccolte, collezioni, selezioni.

Il primo è L’umanità è un tirocinio di Domenico Starnone (Einaudi), e raccoglie testi, spigolature, riflessioni e articoli su letteratura, cinema, famiglia e arte varia. È l’autobiografia di un lettore. Starnone dichiara che il libro è frutto della vecchiaia, il periodo meno assennato dell’esistenza. Si capisce, in modo commovente e mentre lo si fa, che leggere è un esercizio alla curiosità e alla generosità. E anche a sfottersi. Leggere è umano (infatti gli dei dell’Olimpo fanno di tutto ma non leggono niente).

Il secondo libro si intitola Cronache dal disordine (La Nave di Teseo, trad. M. Z. Ciccimarra), lo ha scritto Teresa Cremisi. È l’autobiografia di una osservatrice. Il libro è una selezione dei commenti settimanali che Cremisi scrive per Le Journal du Dimanche. È una scatola dei giochi in cui è possibile pescare, un cellulare, una cabina telefonica, un’offerta di funerale, I tre moschettieri, Erodoto e Tucidide, l’hamburger vegano, Greta Thunberg, e i duty free in aeroporto, libri e arte varia. E’ possibile leggere un episodio ogni tanto, aprire il libro come l’Iching, e tirarne fuori un indirizzo per la giornata, o se non un indirizzo un umore («Potrei continuare a lungo a citare – molto fedelmente – la prosa soave degli addetti al marketing», «a quei tempi si rischiava la vita più spesso, e questo costringeva a risposte ingegnose, necessarie alla sopravvivenza», «Una foto profilo è una via di mezzo tra la realtà e il ricordo di ciò che è stato», «E’ inutile qui scomodare la cancel culture o il nuovo femminismo. Si tratta di ordinaria stupidità, espressa in tono serenamente pedagogico»). Sono letture tonificanti. Mischiano passato e futuro, memoria e immaginazione, e così segnano un tempo, di solito imprendibile. Il presente. Il nostro.

Chiara Valerio (Scauri, 1978), scrittrice ed ex matematica. Responsabile della narrativa italiana per Marsilio e voce di Radio 3. Ha tradotto Virginia Woolf per Nottetempo. I suoi ultimi libri, pubblicati da Einaudi, sono «Cosí per sempre» (2022) e «La tecnologia è religione» (2023), appena uscito in libreria.