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Malvagio Natale!

La commozione per la metro Ponte Mammolo, il godimento per i Karamazov e quell’ignobile verità: meglio Aspen di Ovindoli

Dopo venticinque anni rileggo I Fratelli Karamozov di Dostoevskij. Allora non ci capii niente, mi persi, m’irritai, giurai a me stesso che non ci avrei mai più riprovato. Oggi mi basta aprirlo per non riuscire più a smettere neanche fosse una confezione extralarge di Häagen-Dazs, di quelle che nel cuore della notte sgraffigniamo dal freezer per lenire l’angoscia di esistere: e giù giù, fino all’ultima cucchiaiata. Perché mi piace così tanto? Perché sono cambiato? Perché sono più vecchio? Perché certi libri… Sì, insomma avete capito. La solita solfa sui libri e l’età che cambia le carte in tavola. Stronzate! La verità è un’altra: è meravigliosamente tradotto da Claudia Zonghetti (una fuoriclasse). Grazie alla sua splendida intercessione capisco tutto, amo tutto, non riesco a staccarmi. Eccola qua, la prima grande famiglia allargata e iperdisfunzionale della storia letteraria. Se ne avessi la forza e le competenze farei un elogio sperticato di Fëdor Pavlovič Karamazov, il padre indegno. Che presenza scenica! Che spirito! Tutto mi parla di me – non di ciò che sono diventato ma di ciò che avrei voluto essere: la lussuria, l’avidità, la gola, l’etilismo, la spericolatezza dialettica. Quanta saggezza. Spiace solo che finisca male ma la cosa bella è che lui è il primo a saperlo: è il tipo che fa di tutto per farsi detestare.

Con altrettanta velocità ho visto Strappare lungo i bordi di Zerocalcare. Da bravo erede di Fëdor Pavlovič Karamazov – e quindi da bravo individuo sentimentale e malvagio – mi sono commosso. Lo so, il romanesco strascicato, i soliti temi, l’introspezione sapienzale di un borgataro alla lunga possono rivelarsi stucchevoli, ma che ci posso fare se mi basta sentire la voce di Mastrandrea che doppia l’Armadillo per mettermi a sghignazzare da solo come un alienato? Che posso farci se la stazione metro di Ponte Mammolo disegnata con tanta lirica cura è in grado di commuovermi più della Cappella Sistina? Avrei voluto emozionarmi anche con Crossroads di Franzen. Non ci sono riuscito. L’ho mollato a metà. Che peccato. E dire che sono sempre meno gli scrittori contemporanei che attendo con fervore messianico. Che gli succede, a Franzen? Ho l’impressione che ogni libro sia un po’ più sciatto. Dialoghi interminabili, personaggi privi di autentiche sfumature. Dalle Correzioni (che peraltro, poco più che ventenne, stroncai su Nuovi Argomenti, ma solo per invidia) è stato tutto un lento inevitabile décalage, una citazione di se stesso sempre più sbiadita. Mi rincresce che si tratti di una trilogia. Non attenderò il prossimo con l’impazienza con cui ho atteso questo. Ribadisco: è un vero peccato.

Sto leggendo Credere e non credere di Nicola Chiaromonte, uno dei massimi intellettuali del Ventesimo Secolo. Il saggio sulla visione storica di Tolstoj, scritto sotto l’influenza del grande Isaiah Berlin, rivela parecchio sul rapporto difficile che corre tra gli eventi storici e chi dovrebbe esserne il protagonista, che sia Napoleone l’arrogante o Kutuzov il tergiversatore.

Natale si avvicina e da bravo ebreo sentimentale e malvagio, figlio di bottegai ebrei, ho un vero debole per le atmosfere natalizie. Le luminarie, il presepe, il panettone. Questa sì che è vita. Come ogni anno faccio incetta di commedie sentimentali di ispirazione natalizia. Sempre le stesse. Le conosco a memoria. Harry ti presento Sally, Bridget Jones, Un biglietto per due, Sos fantasmi e soprattutto Family man. E di quel diavolo di un film che vorrei parlarvi. Ci dev’essere qualcosa in me che non funziona. Ogni volta non riesco ad appassionarmi all’idea che il milionario Nicolas Cage, con la sua penthouse nell’Upper East Side, con la sua Ferrari e le sue modelle in lingerie lasci tutto per rintanarsi in uno squallido sobborgo in una villetta gravata da un mutuo capestro, con moglie, figlia e cane spelacchiato. Sarà che detesto i Natali poveri. Alla fine del film, quando finalmente Nicolas Cage ritrova la donna amata, una spettacolare Téa Leoni, prego Gesù Bambino che i due piccioncini ritrovino la felicità grazie al trionfo dell’amore e a un solido conto in banca. Meglio Aspen di Ovindoli!

Alessandro Piperno (Roma, 1972), scrittore e professore di Letteratura francese. Ha esordito nel 2005 con “Con le peggiori intenzioni”. Ha vinto il Premio Strega nel 2012 con “Inseparabili, il fuoco amico dei ricordi”. Il suo ultimo romanzo è “Di chi è la colpa”. Dirige dal 2020 i Meridiani e tutti i suoi libri sono pubblicati da Mondadori.