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Non molleremo mai la giovinezza

Cosa sta leggendo lì, Missiroli? Il libro inferno che fa passare in second’ordine la vita e spalanca lo stomaco culturale: la biografia di Philip Roth e le altre storie in bilico su come si frega la morte. Scoprire amuleti d’eternità cercando orologi su internet senza datario. Le notti del visibilio

Philip Roth uscì con Jacqueline Kennedy. Lei non tentennò nemmeno, dopo quella prima cena di gruppo in cui capitarono vicini a tavola. Si rividero

per un primo appuntamento e oltre, l’impressione è che fu l’ex first lady ad accalappiarlo. A quel tempo Roth era già Roth e Jacqueline era doppiamente lei, abissi compresi. Qualcosa di galante avvenne tra Portnoy e Jackie, insomma, e alla notizia io ho chiuso di colpo la biografia di Blake Bailey sull’autore di Pastorale Americana che me lo raccontava, capendo di essermi infilato in un libro inferno.

Chiamo libro inferno un volume che fa passare in second’ordine la vita. E lo avevo iniziato proprio durante il tour del mio nuovo romanzo, e adesso ero in un bel pasticcio perché tutto il resto sarebbe saltato per aria: avrei finito per spulciarlo negli spostamenti tra una data e l’altra, negli hotel, nei bagni delle librerie e delle biblioteche, nelle stazioni e sugli aerei, fino a un minuto prima delle presentazioni, già un minuto dopo le presentazioni, a colazione e nei ristoranti in solitaria, arrivando ad appoggiarlo sui tavolini del palco, davanti al pubblico che cominciava a domandarmelo, che cosa sta leggendo lì, Missiroli? Dicci dicci, non parlare solo del tuo romanzo, dicci anche di quello là.

E lo facevo. Metà delle mie presentazioni sono diventate su Philip Roth e sulle sue avventure da capitano oltraggioso. Roth il mattacchione, Roth il farabutto, Roth il generoso, Roth il misogino (?), Roth che dopo Jackie puntellò Ava Gardner e che negli ultimi anni se lo disse: sono un uomo solo. E via via che leggevo mi esondava l’effetto collaterale dei libri inferno, cioè di spalancarmi lo stomaco culturale rendendomi spregiudicato. Altre letture, e film, e orologi da catalogare, e serie tv, e documentari. Arrivavo nelle librerie per presentare il mio romanzo con Bailey sottobraccio e mi compravo qualcos’altro, poi la sera negli hotel mi organizzavo: uno spicchio di biografia rothiana, una mezza puntata di serie tv o documentario, la ricerca di un orologio su internet (di produzione tra il 1950 e il 1972), prima di dormire un capitolo di un libro nuovo. Preciso, concentrato, in visibilio.

Il libro di Bailey aveva azionato un domino. Mi buttai sul consiglio di Giorgio Gizzi, una delle anime della libreria Arcadia di Rovereto, che mi suggerì l’unico romanzo di Chris Fuhrman, Vite pericolose di bravi ragazzi, edito da Atlantide. Fuhrman lo scrisse quando già sapeva di essere malato (morì a trent’anni, dopo che ebbe licenziato l’ultima bozza) e l’effetto di chi legge si avvicina alla meraviglia. È la storia di un gruppo di amici di Savannah negli anni Settanta, la loro giovinezza, la nostra giovinezza che non molleremo mai. Un romanzo su come si frega la morte, allo stesso modo di Roth quando decise di comprarsi casa in Connecticut e di barricarsi lì dopo un ricovero psichiatrico: la depressione resisteva, e lui se la masticò scrivendo Il teatro di Sabbath.

Chris Fuhrman e Philip Roth, due anime sul precipizio che mi hanno mosso verso altrettante storie in bilico, le serie tv Corpo libero (Paramount) e The Offer (sempre Paramount). La prima è un ritratto eccezionale di un gruppo di ginnaste e dei loro nodi, la seconda è sulla vicenda folgorante che sta dietro alla realizzazione de Il Padrino, un’odissea che ha riscritto un destino già segnato. Ginnaste, cinematografari, e su Amazon Prime il documentario commovente dedicato a Carletto Mazzone, l’allenatore di calcio (“Vuoi essere il migliore amico mio? Gioca bene”). E a catena su un’opera che non dimenticherò: Hypericon di Manuele Fior (Coconino Press), che vivifica il peso del tempo e i suoi segni, irradiandoci al valore della memoria presente. Leggevo dieci pagine di Hypericon e cercavo orologi su internet senza datario, in risposta a Fior e al suo amuleto di eternità.

L’eternità, già. E il film che ancora mi balla in pancia, Triangle of sadness di Ruben Östlund (andate a vederlo!). Infine quell’episodio, verso la fine dell’autobiografia di Roth, in cui il nostro Philip ha già smesso di scrivere e guarda le fotografie dei suoi album raccontandosi il passato con lo stupore del reduce. Come direbbe lui, “è stata la vita, e me la sono fatta”.

Marco Missiroli (Rimini, 1981), scrittore. Tradotto in oltre 30 lingue, i suoi ultimi romanzi sono “Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli, 2015), “Fedeltà” (Einaudi 2019, Premio Strega Giovani, ha ispirato la serie Netflix), e “Bianco” (Guanda, 2009, riedito nel 2022 da Einaudi). È ora in libreria con “Avere tutto” (Einaudi).