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Tempo di uccidere, tempo di leggere

I romanzi di Adania Shibli e Flaiano creano uno spazio dove l’indicibile prende forma. I soldati, lo stupro, lavarsi le mani per dimenticare: dettagli minori che si incrociano

A volte libri di epoche e lingue diverse inaspettatamente si incontrano. Recentemente mentre leggevo Un dettaglio minore della scrittrice palestinese Adania Shibli tradotto magistralmente da Monica Ruocco ho pensato a Tempo di uccidere di Ennio Flaiano. Shibli racconta di uno stupro di gruppo ai danni di una giovanissima donna palestinese da parte di membri dell’esercito israeliano. La ragazza viene poi uccisa e seppellita nel deserto del Negev. Questa vicenda è seguita da una seconda parte dove una donna palestinese della Cisgiordania di oggi, alter ego dell’autrice stessa (me la sono immaginata con gli stessi capelli ricci e brizzolati) si mette sulle tracce di questo delitto del passato. Comincia una caccia ai documenti che però non è facile, perché tra israeliani e palestinesi c’è un muro, quello invalicabile, ornato da graffiti di Banksy, da réclame di idraulici di Ramallah e da un odio profondo, reciproco. E così entriamo dentro una narrazione claustrofobica, punteggiata dai checkpoint, e dentro un’ansia che l’autrice cerca di trasmetterci attraverso la descrizione ripetitiva di un corpo che compie gli stessi gesti, giorno dopo giorno, uguali, noiosi.

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Igiaba Scego (Roma, 1974) è una scrittrice. I suoi ultimi libri sono: «La linea del colore» (Bompiani, 2020), «Figli dello stesso cielo» (Piemme, 2021), l’antologia «Africana. Raccontare il continente al di là degli stereotipi» (Feltrinelli, 2021), curato con Chiara Piaggio, e «Cassandra a Mogadiscio» (Bompiani, 2023), candidato al Premio Strega.