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Viaggio di un antiriduzionista intorno al mondo

Per scoprire cose nuove ci vuole «fortuna», che in gergo marinaro è la tempesta. Che Dio ci conservi gli espansori e le espansrici di orizzonti, Baricco, Darwin, von Humboldt, Freya Stark. Le avventure di Jovanotti: western dello spirito, viaggi, mappe, desiderio e pazzia

Non è il momento adatto per fare ordine tra le mie letture, i miei come si dice: consumi culturali. Provo ad affacciarmi perché le amiche della Review me lo hanno chiesto e ne sono onorato ma se mi sporgo mi vengono le vertigini. Iniziando da Abel il romanzo recente di Alessandro Baricco che ho amato tantissimo leggendolo la prima volta e ancora di più rileggendolo una seconda e anche adesso che sono alle prese con l’audiolibro, che ascolto mentre faccio la fisioterapia. Baricco mi è sempre piaciuto perché in questa nostra epoca che ha smania di ridurre tutto egli è un espansore. Io amo gli espansori e le espansrici, che Dio ce li conservi.

Pausa: ho googlato espansore e come prima voce è uscito un apparecchio che usano i dentisti per allargare il palato di chi lo ha troppo stretto. Io ho il problema opposto, quando vado dal dentista e mi deve prendere l’impronta con la pasta lilla e la paletta serve sempre la misura extra large. Non per vantarmi, ma ho un palato larghissimo, non so se ci sono nato o si è allargato negli anni, il che spiegherebbe molte cose, nel bene e nel male. Metto in bocca di tutto, da sempre.

Abel è un romanzo breve e in controtendenza, perché espande invece di ridurre, cosa che invece oggi sembra indispensabile alla “comunicazione”, che è una pratica sopravvalutata.

In questi tempi in cui sento parlare di “appropriazione culturale” come fosse un delitto quando invece si tratta di una funzione tra le più brillanti dello spirito, Baricco scrive un western ambientato esattamente lì: nello spirito. Espandere non vuol dire ingrandire il varco, anzi, a volte può bastare un buco della serratura, provate a pensare alla poesia, con quella sua forza antiriduzionista. Mi illumino di immenso.

Faccio un passo indietro, Abel è l’epifania più recente, ma il mio viaggio nel mio universo in espansione seguendo costellazioni di comete è partito lontano, e tutto continua ad avvenire in simultanea. Il mio gatto di Schrödinger è sempre vivo e morto, e sempre adesso.

Prenderò in prestito un acronimo che si usa molto nei video di TikTok: POV.

Sta per Point Of View e serve per specificare che quel video, quel balletto, quella ricetta, quella cosa buffa o tragica postata è il punto di vista di chi l’ha filmata e postata. Ecco, io in questo periodo della vita non ho più un POV che mi viene voglia di condividere. Non vuol dire che non lo avrò mai più, è che non ce l’ho adesso, adesso il mio sguardo è come quello delle mosche, o dei cavalli, o degli uccelli o non so, c’è un punto cieco nel centro del mio campo visivo. Il mio sguardo di oggi è una funzione che mi serve a sopravvivere e forse, spero, a evolvermi. In un museo di Storia naturale una volta mi venne spiegato che gli animali predatori hanno gli occhi che guardano avanti perché devono cacciare, viceversa le loro prede, gli erbivori, hanno gli occhi ai lati della testa perché devono controllare cosa succede intorno a loro, la scena di fronte è quasi sempre erba, possono nutrirsi anche senza guardare.

In questi mesi ho mantenuto fede alla mia passione per l’avventura vissuta e narrata, ma sento che il mio campo visivo preme per espandersi, è il POV di animale onnivoro che si oppone alla tendenza contemporanea di restringere lo sguardo. Fateci caso, siamo cresciuti guardando schermi orizzontali (da “orizzonte”) e ora guardiamo quasi solo immagini verticali. Qualcosa vorrà dire. Il verticale senza orizzonte è una prigione.

Ho riletto da poco Viaggio di un naturalista intorno al mondo di Charles Darwin, quello splendido meraviglioso romanzo che oggi chiamiamo autofiction di formazione, un capolavoro, meglio di Carrère, che è un fuoriclasse. Aveva 21 anni quando si è imbarcato sulla nave del capitano Fitzroy, che ne aveva 25. Nel libro che considero tra i tesori del mondo il giovane Darwin parla spesso con ammirazione di Alexander von Humboldt, personaggio meraviglioso che anche io venero come una rockstar, e che è raccontato benissimo nel libro L’invenzione della natura scritto dalla bravissima Andrea Wulf (ho sulla scrivania il suo nuovo Magnifici ribelli che non ho ancora aperto). Il POV di Darwin è pazzesco, mi viene da pensare che il suo principale talento fosse di avere un POV che ancora a distanza di quasi due secoli riesce a farmi sentire lì con lui mentre mi racconta cose che tutti intorno a lui vedevano ma non ci facevano caso. Quel ragazzo faceva caso a tutto, metteva in discussione tutto, metteva tutto in connessione e sapeva tutto di quello che gli osservatori prima di lui avevano detto, ma il suo POV era del tutto suo e nuovo, e quando arriva di fronte a un albero o a una rana li guarda come un musicista ascolta il silenzio e sa già che è pieno di canzoni da scrivere.

Avventura, viaggi, mappe, ambizione sfrenata, desiderio, pazzia, l’epopea delle grandi esplorazioni, navigazioni, il grand tour, sono soprattutto queste le mie letture più frequenti, e anche le riletture. Alla luce di una serie di passaggi che hanno richiesto fatica e la stanno richiedendo per essere attraversati ho fatto i conti con la grande verità che le canzoni sono sempre profezie. Nelle canzoni ci finisce sempre quello che accadrà poi. Mi riferisco in questo caso a Ragazzo fortunato perché solo recentemente ho visto con chiarezza che si tratta di un termine marinaro sebbene all’epoca non lo sapessi. La “fortuna” al tempo delle prime traversate oceaniche era quella che si doveva affrontare quando si alzavano venti improvvisi imprevisti e fortissimi e le navi diventavano ingovernabili. Poteva succedere di tutto, a volte anche di scoprire passaggi nuovi. Il “fortunale”, ne parla anche Paolo Conte in quella meraviglia che è Sud America «un arco dal sereno al fortunale».

Ora soprattutto che mi sono dovuto fermare per forza ho trovato grande conforto nella possibilità di viaggiare che la letteratura offre. Il Milione, per esempio. La lingua di questo libro di meraviglie è un viaggio nel viaggio, e quando Marco Polo racconta della “Valle degli assassini” io mi sono dovuto fermare, e con il libro aperto e appoggiato a faccia in giù sul mio petto ho provato una profonda gratitudine per gente come lui e pure per Rustichello che ha saputo restituire quel fervore di giovane veneziano al seguito di suo padre e suo zio. La Valle degli Assassini è protagonista anche di un fantastico libro della grande viaggiatrice Freya Stark (applausi) nonché ambientazione di Alamut, quel romanzone che suona come se Battiato avesse fatto un disco con Morricone.

Marco Polo grande personaggio anche immaginato da Calvino, il centenario autore rampante dimezzato inesistente. Le sue città invisibili, breviario inesauribile, e quella scena finale sempre commovente.

Marco Polo portato in scena da Giuliano Montalto per la tv, che ho ripescato su RaiPlay con molta gioia. Sebbene la pellicola sbiadita non si adatti agli schermi led è ancora evidente che in quegli anni si realizzarono cose grandiose, vogliamo parlare di Pinocchio, o Gesù di Nazareth o dell’Odissea?

Tutte visioni orizzontali dove i vertici spiccano e si nutrono di grandi spazi, tutto respira, nulla si riduce. Tutto resta sempre aperto.

Lorenzo “Jova” Cherubini (Roma, 1966). Cantautore. Il suo ultimo album è “Mediterraneo” (Universal Music, 2022). È in libreria con “La luce nei tuoi occhi” (Mondadori), racconto del Jova Beach Party, diario a fumetti di Teresa Cherubini. Il suo ultimo singolo è “Se lo senti lo sai”.