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Vita meravigliosa

Mi chiedono che cosa ho letto e non mi ricordo niente, faccio confusione, penso a mia madre che adesso ripete solo la storia di mio padre che si mette con la polacca. Allora cerco la prima lacrima nelle due enciclopedie della mia infanzia, quando sognavo di essere un eroe

Più di ottantamila titoli all’anno, nel 2022, dico. Poi ci sono i critici che danno consigli su cosa bisogna leggere e dunque, oltre agli ottantamila titoli bisogna leggere quei critici. Vanno annoverati, tra le letture critiche, anche quelli che ti accusano di non essere un lettore forte perché tra gli ottantamila libri hai perso proprio quel libro importantissimo che da solo vale gli ottantamila, e se non lo leggi sei fuori. Poi c’è sempre quella fantastica battuta di Massimo Troisi che mi consola: loro sono in tanti a scrivere io solo a leggere. Quindi visto il periodo un po’ così, ansiogeno, e considerato in ultima analisi che pur leggendo, finisce che non mi ricordo cosa ho letto e quando me lo chiedono, io pieno d’ansia cerco di ricordare ma mi vengono in mente solo un paio tra le decine che ho letto (e pure recensito). Insomma, visto che sto messo così in questo mese ho provato altra strada. Sto sfogliando i libri della mia infanzia. Che poi stanno tutti a Caserta. Abito a Roma ma in questo mese scendo ogni volta che posso per andare a trovare i miei: hanno un’età. La sentono. Voglio dire, mia madre di tutte le battaglie che ha fatto, di tutte le cose che ha insegnato ai bambini poveri e mal vestiti, quelli dei quartieri periferici e malfamati, di tutti i libri letti per piacere e di quelli che mi ha fatto leggere per obbligo, ecco di tutto questo non ricorda più niente. Ora dice sempre la stessa cosa, esprime cioè la preoccupazione che se dovesse morire prima lei, poi mio padre si sposa con una polacca, una rumena, insomma di una che si mette accanto a mio padre e poi traviandolo si prende la casa di Caserta. Che sarebbe destinata a me. Ripete ossessivamente questo concetto che naturalmente giudico del tutto infondato. Però mi fa sentire nostalgia di casa e dell’infanzia, non fosse altro che così facendo ripenso a mia madre. Che però non ricorda più niente, eppure i libri che ha fatto leggere sono ancora lì e ogni tanto, quando scendo a Caserta, anche per farla distrarre e soprattutto perché non ne posso più di sentirle ripetere la storia di mio padre che si mette con la polacca – mio padre poi mi ripete che magari muore prima lui e il problema è risolto – insomma ogni tanto le faccio vedere questi libri ricordandole che lei siccome c’era la lavatrice e non doveva fare il bucato – come mia nonna era costretta a fare (per tre giorni) con mio nonno – mia mamma mi diceva sempre: il bucato l’ho fatto… che vogliamo fa?

Leggiamoci un libro. Quindi, cerco di ricordarle che ossessionata dalla lettura, mi ha passato questa passione. Non ricorda niente. Ma neppure io. Per questo sto leggendo i libri della mia infanzia e cioè le due enciclopedie con le quali ho conosciuto un po’ il mondo: i Quindici e la Vita meravigliosa. Certo niente al confronto col sapere di oggi e con la fantastica rete e poi tutto sono tranne che nostalgico. No, non è questo. In questo mese sto cercando di capire come recuperare il tempo e trattenerlo. Sto cercando di capire perché ho cominciato a leggere. Forse perché la vita meravigliosa raccontava e illustrava con colori tenui e delicati molti miti greci e non solo, forse perché sognavo di essere un eroe e invece mi sono trovato nella vita a scoprire debolezze, lacune, fragilità e magari a raccontarle. Insomma, sto cercando di rientrare in quella dimensione che Kundera chiamava: la prima lacrima. Quella che senti arrivare quando per la prima volta vedi i bambini correre su un campo a piedi scalzi. Ti commuovi. Poi la seconda volta che li vedi ti commuovi lo stesso, ma pensando a te che ti sei commosso la prima volta. È una specie – dice Kundera – di emozione di secondo grado, quindi Kitsch. Posso allora provare a recuperare la prima lacrima, così da fare un viaggio nel tempo, magari ritrovo mia madre e me stesso bambino e magari riesco, scartando qualcuno tra gli ottomila titoli, a scegliere solo quei libri che amplificano la mia sensibilità. Un modo, finché regge la memoria, per contrastare i due personaggi che non so se sono presenti tra gli ottantamila libri ma di sicuro sentiamo tutti: il Tempo e il Caos. Comandano loro. L’unico argine è addolcirli, rabbonirli con la lettura, ecco, considerando che mia mamma è soggetta al Tempo e al Caos e pure io non sono da meno, sfogliando i Quindici e la Vita meravigliosa sto cercando di convincermi che la vita quando qualcuno la sa leggere e raccontare è veramente meravigliosa.

Antonio Pascale (Napoli, 1966), è scrittore, autore e ispettore presso il Mipaaf. Cura “Agrifoglio”, l’approfondimento di agricoltura del Foglio. Ha pubblicato, tra gli altri, con Einaudi: “La manutenzione degli affetti” (2003), “Le attenuanti sentimentali (2013), “Le aggravanti sentimentali” (2016) e “La foglia di fico” (2021), finalista al Premio Campiello 2022.