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La salvezza è in biblioteca

A Los Angeles, le libraries si sono trasformate in consultori per i senzatetto, per le ragazze incinte, per chi ha bisogno di sostegno psicologico, di un avvocato, di un corso di inglese, di una doccia. Il depliant per trovare una macchina da cucire, che vuol dire: lavoro. Viva le bibliotecarie che costruiscono gratis il welfare che non c’è, lasciando sempre acceso il wi-fi

Nella California del sud non piove mai. Lo cantava anche Albert Hammond: It Never Rains in Southern California. Poi quando succede, di colpo, arrivano le allerte sugli iPhone che spaventano tutti mentre si è in coda a far la spesa da Erewhon o da Trader Joe’s, perché sono piogge torrenziali, non ci si è abituati. Tutti in macchina, tutti a casa. «Evitare le strade, pericolo allagamenti», consigliano le autorità. E chi non ha la macchina? Chi non ha la casa? Va in biblioteca. Si vedono uomini e donne con zaini e fagotti e spesse coperte di lana bruciacchiate usate come mantello che cercano di rendere più compatti i propri fardelli negli ingressi delle biblioteche di Santa Monica e Westwood e Venice. Si tolgono dalla testa un sacchetto di plastica che usavano come cappuccio. Infilano misteriosi quaderni stropicciati in sacche di tela, riempiono nella fontanella bicchieri di carta usati mille volte dove le palmette rosse di In-N-Out sono ormai scolorite. Prendere libri in prestito è solo uno dei vari servizi offerti dalle biblioteche pubbliche della contea di Los Angeles che nei giorni di pioggia diventano l’unico posto accogliente dove non bagnarsi. L’unico posto dove nessuno ti giudica, anche. Ogni giorno le persone in difficoltà cercano rifugio qui, e non solo dalle tempeste ormai più frequenti per cui si incolpa il global warming.

«Li chiamano i nostri clienti abituali», dice una dipendente della biblioteca pubblica di Westwood, ai piedi della collina di Bel Air, guardando verso poltrone e tavoli e panche dove si sono sistemati questi ospiti, dopo le prime gocce. Non usa il termine homeless, ma unhoused individuals, che nell’ultimo paio d’anni è diventato il modo corretto per definire i senzatetto. La signora dice che alcuni vengono tutti i giorni e stanno dentro fino alla chiusura. Non mostra fastidio per la loro presenza, anzi, è contenta che la biblioteca possa in qualche modo essere utile. CA volte vengono a chiederci dove poter fare la doccia, o dove andare a dormire per la notte, o dove cercare del cibo, e così abbiamo stampato anche dei depliant per aiutarli con tutti gli indirizzi». Su un tavolino ci sono vari fogli colorati con avvisi per gruppi di lettura e festeggiamenti per il capodanno iraniano. Un foglio indica i numeri di telefono da chiamare in caso di violenze domestiche, i posti dove fare la doccia come “shower of hope”, la doccia della speranza, su Lincoln boulevard. «A volte hanno bisogno semplicemente di un passaggio in uno dei dormitori e allora abbiamo a disposizione alcune tessere per i trasporti pubblici, così possono prendere l’autobus. Quando piove, ma anche quando non piove, stanno qui. E siccome molti non hanno i documenti per registrarsi abbiamo a disposizione degli account per gli ospiti così possono usare internet. Guardano dei video, leggono i giornali, alcuni cercano lavoro. E siccome chiudiamo più spesso, per via dei tagli, abbiamo deciso di rendere disponibili delle saponette hotspot per il Wi-fi, così possono prenderle in prestito e avere internet anche quando la biblioteca è chiusa». A disposizione ci sono anche dei pacchetti con computer portatile, mouse, cuffie, microfono, tutto gratis. Si possono prendere in prestito fino a sei settimane, riportarli qui, e poi riprenderli in prestito per altre sei settimane.

Sul tavolo dei depliant c’è un gigantesco rotolo di salviette Clorox e una grossa scatola di plastica piena di test per il Covid, a disposizione. «Non serve nemmeno chiedere, possono prenderne quanti ne vogliono». I servizi extra della biblioteca non si limitano agli unhoused individuals. Vengono offerti corsi di lingua inglese per gli immigrati. «Sia per gente appena arrivata sia per persone che vogliono migliorarsi e sono qui da un po’». E non vengono chiesti documenti di alcun tipo, per evitare che scattino denunce per gli irregolari. «Poi aiutiamo a fare domande di lavoro, a scrivere un curriculum. I volontari aiutano con la lingua e con le pratiche burocratiche».

Tutti sono volontari, niente di quello che viene fatto fa parte del lavoro dei bibliotecari. Da qualche tempo il governo locale si è accorto dei servizi offerti e così ha deciso di mandare degli specialisti per gli sportelli sulla salute mentale che prima venivano gestiti autonomamente.

Ora nella biblioteca di Westwood ogni giovedì il dipartimento di Salute mentale della contea di Los Angeles, la contea più popolosa degli Stati Uniti, invia psicologi e altri esperti di disturbi psichici.

«Dopo le richieste di informazioni su dove dormire la notte, il secondo motivo per cui la gente viene qui è per essere aiutata con problemi di salute mentale». E così, il giovedì successivo, vediamo varie persone che aspettano nei corridoi prima di andare a parlare con uno dei professionisti inviati dalla contea. Ci sono unhoused individual, ma anche alcuni ragazzi e ragazze, una signora che trasporta un carrellino da supermercato pieno di vestiti e bottiglie e peluche. Alcuni di loro mentre aspettano il proprio turno prendono in mano libri e riviste – People, The Atlantic, Forbes – come se la biblioteca fosse una gigantesca e fornitissima sala d’attesa. Da una delle stanzette dove avvengono le sedute si sente piangere. Da un’altra, dopo pochi minuti, si sente ridere. O forse è la stessa stanza. «Ci sono gruppi di sostegno per qualsiasi problema, basta chiedere. Questo è un place to find help». In un angolo, tra poster che avvertono del César Chávez Day, si possono donare libri per le biblioteche delle prigioni della contea e si consiglia di regalare libri fantasy, di avventura, testi in spagnolo, raccolte di poesie. È invece vietato regalare testi “su come commettere crimini” o “manuali sul gioco d’azzardo illegali”. In alcune sedi si possono prendere in prestito macchine da cucire, martelli, chiavi inglesi, pentole, trapani, materiale per il giardinaggio. Dietro il bancone si possono trovare fiale di Naloxone spray, un farmaco per combattere le overdosi e la dipendenza da oppiacei. Si straparla del caos senzatetto in California, come se gli altri stati non conoscessero la povertà e l’inflazione. La crisi degli unhoused è un problema nazionale, che ha avuto un’esplosione post pandemia, quando sono scaduti vari programmi di ricovero e gli sfratti sono diventati più semplici. La destra però sfrutta la cosa, per colpire lo stato progressista per eccellenza, la California, un modello che dà fastidio ai conservatori. Ma fanno effetto i villaggi di tende lungo le traverse di Hollywood Boulevard, dietro alle panchine con pubblicità immobiliari, o sotto i ponti delle freeway. Le ultime stime parlano di oltre 180 mila senzatetto soltanto qui.

Ma queste persone non sono le uniche a cercare aiuto tra le moquette e le pile di hardcover delle biblioteche pubbliche della contea. Non troppo lontano da quella di Westwood, c’è un centro che accoglie minorenni e giovani che scappano di casa, «spesso ragazze incinte cacciate dai genitori. Lo sappiamo perché passano prima di qui, a chiedere informazioni», ci racconta una bibliotecaria. Così si è deciso così di creare una partnership informale con il centro e i ragazzi che dormono lì sono invitati «a venire a studiare da noi, con alcuni tutor, perché molti di loro non hanno finito le superiori. E qui possono prendere il diploma online».

Non ci sono direttive dall’alto, è come se dalla loro postazione, tra gli scaffali, le bibliotecarie vedessero una parte del paese fragile e volessero fare qualcosa oltre a catalogare le novità e consigliare romanzi e biografie. Consigliate dei libri a chi vi chiede aiuto? «A volte, ma a volte le situazioni sono troppo tragiche e ci sembra scortese, almeno a me». Qualcosa che consiglierebbe oggi? «È il mese della donna, abbiamo segnalato vari libri. Direi uno di quelli».

In un angolo una volontaria legge libri per bambini, ce n’è solo uno presente con una maglietta con la scritta: Hang loose, il saluto dei surfisti. La volontaria fa smorfie e vocine mentre legge come se avesse davanti un’audience ben più numerosa.

Di recente le biblioteche negli Stati Uniti sono diventate un terreno di battaglia per le culture wars. Nel 2022 e nel 2023 si sono toccati nuovi record sui tentativi di bandire diversi libri dalle biblioteche e dalle scuole. I libri che gli ultraconservatori cercano di togliere dalle biblioteche hanno spesso a che vedere con temi Lgbtq+ e con la critical race theory, teoria progressista accademica che vede il razzismo come qualcosa di sistemico nella cultura americana. La scusa per togliere di mezzo questi libri spesso è quella degli atti sessuali espliciti. Titoli come L’occhio più azzurro di Toni Morrison o Cercando Alaska di John Green. Da sinistra invece arrivano attacchi verso classici come Le avventure di Huckleberry Finn o Uomini e topi – per l’uso di parole razziste o per come vengono trattate le donne – ma sono attacchi meno frequenti e meno sistematici di quelli da destra, che può invece contare su gruppi organizzati, come le celebri Moms for liberty. Ma i libri, spesso, restano sullo sfondo. A volte sono solo scuse. La biblioteca come rifugio, come consultorio, come bonus psicologo, come farmacia gratis, non è una prerogativa della sola contea di Los Angeles. Con l’aumento del numero di migranti le biblioteche in città fredde come Denver, Chicago o New York sono diventate un rifugio quando arrivano la neve e il gelo. L’organizzazione Libraries Serve Refugees ha lanciato in Texas, stato di confine col Messico, dei centri per assistere i rifugiati, i richiedenti asilo e i sopravvissuti al traffico di esseri umani, aiutandoli a diventare indipendenti e integrarsi il più velocemente possibile. Quando in estate ci sono le ondate di calore con la loro aria condizionata le sale di lettura possono salvare vite, soprattutto degli anziani. A Boston è nata una no profit, Communities Responding to Extreme Weather, che crea “hub di resilienza” nei college e nelle biblioteche per proteggersi dagli effetti del riscaldamento globale offrendo visite mediche, aria condizionata e “kit di raffreddamento”.

Nel silenzio di una sala di lettura a Los Angeles, tra persone che si riparano dalla pioggia con accanto i loro fagotti, una bibliotecaria legge un libro in arabo. Ha lavorato per oltre vent’anni nelle biblioteche della contea, è stata a capo di varie sedi e ora torna ogni tanto per aiutare. «Da quando i computer sono arrivati nelle nostre vite, il ruolo della biblioteca è cambiato», dice. «Ora il suo ruolo è aiutare tutti ad avere accesso alla rete, ai device, e ad aiutare le persone in ogni aspetto della loro vita, in base alle necessità». Parla degli studenti che arrivano, incapaci di trovare le informazioni che cercano nei meandri di internet, sopraffatti dalle informazioni, e che qui trovano qualcuno che li orienti, che suggerisca, che aiuti a selezionare. «La biblioteca però non è più solo un luogo di studio o di intrattenimento, le persone vengono qui per cercare aiuto legale, per informazioni mediche, per la pressione alta, per essere aiutati con l’ansia, per le classi di danza e per i concerti. La qualità della musica che proponiamo è molto alta, si riempie tutta la biblioteca per ascoltare i musicisti che chiamiamo. La biblioteca oggi è come un centro sociale, un centro di aggregazione per la comunità, è come una mensa ma invece di dare da mangiare diamo tutto il resto». Seems it never rains in southern California / Seems I’ve often heard that kind of talk before /It never rains in California / But girl, don’t they warn ya? / It pours, man, it pours.

Giulio Silvano (Lerici, 1989)  è  redattore di Nuovi Argomenti, ha  tradotto  alcuni libri (tra cui Bernard Malamud e Anne Carson), collabora con il Foglio.