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Tutti i corpi sono belli uguali? Non mi pare

Nel brodo dell’inclusività vali come sei, dicono. Ma per dimagrire si prende un farmaco per il diabete e ci sono modelli immaginari contrabbandati per possibili: girovita da principessa Sissi e culi impiantati dai medici. La lista dei requisiti per essere bella si è allungata e il capitalismo è più maschilista che mai, meglio di prima. Però dai, siamo diventati educatissimi con le parole

Le nostre facce non sono più nostre. Siringhe sugli zigomi per averli a punta, siringhe per far sbocciare labbra esotiche e invece ti ritrovi con una pianta carnivora in faccia. Siringhe sulle sopracciglia per occhi più allungati, siringhe per guance polpose. I costi sono abbassatissimi, poche centinaia di euro, non è più la chirurgia di quarant’anni fa, con la moglie dell’imprenditor Brambilla che finiva sotto i ferri per lisciaggi e gonfiaggi, una di poche milionarie. Ora tutte, specialmente le giovanette, con gran disinvoltura vanno a chiedere il cambio di connotati. Le punturine, si chiamano. Le parole sono importanti: se è una punturina è sicuramente innocua. Che male ti può fare, una punturina.

È una grande democrazia della storpiatura: l’intervento estetico funzionicchia paradossalmente più da giovani, è un’epoca in cui il denaro riesce ad abbellire parecchio, così ti godi un po’ di anni da bambola. Dopo i quaranta bisogna dire addio a tutto, con le punturine i visi si fanno identici. Le brune si avviano verso il modello Cher e le bionde sono su un pendolo tra Madonna e Goldie Hawn.

Ogni tanto mi chiedo se finiremo tutte così, a sessant’anni filtrate e gommose a dirci ancora: siamo stupende!

Eccoci nel brodo contemporaneo. Dove tutti i corpi – dicono così – sono validi. Sarebbe cominciato il lento declino della bellezza oggettiva a favore di modelli più accessibili. Anzi i modelli non ci sono proprio: bisogna essere normali.

Questo è il Vangelo, i numeri dicono altro, e cioè che i social network non fanno tanto bene alla salute delle ragazzine. Questa rivoluzione dell’inclusività è debole, Zalando metterà pure la bianca, la nera, la secca e la grassa nelle pubblicità, ma a che serve se poi in trecento milioni seguono Kylie Jenner che tra filtri, aghi e operazioni è ormai misura dell’irrealtà? Che le facciamo a fare le lotte femministe se la bellezza non è stata mai tanto prima merce del mercato come adesso?

Diranno quelli secondo cui niente cambia: ma era un’immagine tossica anche Kate Moss, senza l’internet di massa. Obiezione accolta, ma le foto di Kate Moss non ti arrivavano in faccia dieci ore al giorno.

È la dose che fa il veleno di Paracelso.

I giornali non pubblicano più quegli articoli per avere un corpo da spiaggia, diete veloci con trenta finocchi al giorno e bistecca per tutto il mese di giugno ed esercizi tonificanti. Non sia mai.

E tuttavia è la stessa epoca in cui la gente piglia allegramente farmaci per il diabete pur di dimagrire. I medicinali hanno le seguenti controindicazioni: vomito tutto il giorno e complicanze cardiache. Questa è la società certificata, quel che accade al mondo mentre sui social si fanno grandi applausi se in passerella s’avvista una coraggiosa taglia 44.

Magro-uguale-grasso-uguale-siamo tutti belli. Proprio. Disgraziato quel paese (dei balocchi) dove ti convincono che le parole servano davvero a cambiare le cose.

Siamo la generazione autoproclamata body positiva che mette in galera chi fa battute sul corpo grasso? Sì! Siamo la generazione che si fa le siringhe di antidiabetici pur di non ingrassare? Anche!

Solo nel 2023 Novo Nordisk, la casa farmaceutica del farmaco per il diabete più conosciuto, l’Ozempic, ha avuto un incremento della domanda del 300 per cento.

Pare sia la stessa medicina che aveva preso Kim Kardashian per entrare nel vestito di Marilyn Monroe, quello che aveva indossato al Met Gala un paio di anni fa. Ci si innamora di questo farmaco miracoloso – si leggeva sui giornali.

Dopo un mese o due con una iniezione di 0,25 milligrammi, tipica dose iniziale per l’Ozempic, noti che i jeans ti stanno meglio. Poi ti accorgi che tutto nel tuo armadio ti sta meglio, e anche la bilancia lo dice: stai perdendo peso. Il medico aumenta il dosaggio e i chili continuano a scendere. Gli amici ti chiedono cosa stai facendo. Anche tua suocera vuole saperlo. Un anno di Ozempic e potresti non riconoscerti.

Ozempic, come altri farmaci fratelli, è un preparato a base di semaglutide iniettabile. Abbassa la glicemia e stimola la produzione di insulina. Rallenta la digestione e ti fa sentire sazio a lungo, il che significa che la perdita di peso è l’effetto collaterale garantito.

Dal suo lancio negli Stati Uniti all’inizio del 2018, Ozempic è diventato un accessorio desideratissimo, nonostante i costi (mille dollari circa per dose).

«È il farmaco che mi viene richiesto di più», racconta il dottor Sudeep Singh, direttore medico presso Apprize Medical, uno studio medico a Miami. «Tutti sanno. Tutti lo stanno chiedendo. Lo chiede mia madre. I miei vicini. Abbiamo visto che porta a una perdita di peso, a condizione che si riescano a tollerare gli effetti collaterali».

Pazienti riferiscono picchi di frequenza cardiaca così forti da svegliarsi di notte. E anche i benefici possono essere solo temporanei: è probabile la ripresa del peso dopo aver interrotto l’assunzione del farmaco.

Dronme Davis.
C’era una volta la modella Dronme Davis, orgoglio body positivo fino a poco tempo fa. Fino all’Ozempic, appunto, mi verrebbe da malignare, che però lei nega di aver mai preso.

Dopo una crescita di engagement social dovuta alla buona causa – viva i corpi, tutti i corpi – la ragazza decide che il corpo più bello per lei adesso è quello magro, e diventa sottile. Magra.

Cambio radicale della strategia instagram: le foto sono molto più da copertina di prima. Niente di grave, verrebbe da dire, se non fosse per il tribunale morale dei follower che si sentono presi in giro. Ma come, non eri paladina?

Una militante secca della body positività non è ammessa, è ridicolo, si perdono i punti come sulla patente. Il problema è la community, come la mettiamo con la community tradita dei social? Il sistema premiante (i like) adesso è tutto fondato sulla percezione di comunanza del disagio.

È la fine del modello vita smeralda (guarda quanti soldi ho!). L’ostentazione è diventata invisa. Ora la formula magica per l’arruolamento follower è: ho difficoltà a stare al mondo esattamente come te.

Festeggiamo, vado a memoria, il primo decennio di paladinismo del corpo. C’è gran rispetto per i dimagrimenti e gli ingrassamenti di chiunque. Non se ne parla più, mai, da nessuna parte. Questa è la conquista più vistosa, al momento. Il silenzio. Ne abbiamo fatta di strada, dai tempi delle secche del passato. Siamo intanto diventati educatissimi: nessuno potrà mai più dire ehi sei ingrassato? Ehi ma sei dimagrito! – una bella liberazione. Si è però fatta l’ora, come in tutte le battaglie per il progresso, del bilancio. Di chiederci anche: dunque, come stiamo andando?

Tutti i corpi sono belli? Non mi pare. Comandano ancora le Kardashian, le Elodie, le Jennifer Lopez, Madonna che a sessant’anni a colpi di filtri ne deve mostrare venti in meno.

Mi permetto di aggiungere una domanda: non è forse peggio il 2024 del 1995, quanto a modelli irraggiungibili? Prima avevi corpi esilissimi, è vero, Kate Moss era Kate Moss, aveva le ossa come fili di ferro. Era una magrezza non ottenuta, aveva diciott’anni. A guardarla oggi, in quelle foto, pare quasi in salute. Le creator che circolano, quelle dei big like, sono follemente più magre. Solo che le facce non sono emaciate perché ci sono le punturine di riempimento.

Adesso abbiamo modelli immaginari contrabbandati per possibili. Girovita da principessa Sissi e culi impiantati dai medici, che vuoi che sia una taglia 38, che paura deve farci?

Quest’inclusività come funziona? Sta funzionando? Siamo sicuri? E dov’è?

La lobby della bellezza avanza. Essere brutti o normali o niente di che non è mai stato così complicato. Ai corpi secchi sono stati direttamente sostituiti i cartoon anni 50.

Il migliore editoriale sui corpi l’ha scritto Tina Fey quindici anni fa, in Bossypants: «Penso che il primo vero cambiamento dell’immaginario, per i corpi, sia venuto dopo J-Lo. Era la prima volta che essere larga scala in zona sedere diventava mainstream. Le ragazze iniziarono a volere i sederi pieni, e i maschi erano finalmente liberi di ammettere che gli erano sempre piaciuti. E poi, due secondi dopo, boom – Beyoncé portò le cosce. Potenti cosce muscolose. Così da quel giorno in poi le donne capirono che la diversità era un valore e tutte le forme e tutte le taglie divennero bellissime.

Ah ha ha. No.

Ci avrete mica creduto? Quello che hanno fatto Beyoncé e J-Lo è solo aggiungere altre tacchette alla lista di quello che devi avere per essere considerata bella. Adesso a ogni femmina servono

  1. occhi azzurri caucasici
  2. labbra carnose
  3. naso piccolo, classico,
  4. pelle liscia da asiatica e abbronzatura tono California
  5. culo da ballerina giamaicana
  6. gambe da svedese
  7. piedi piccoli da giapponese
  8. addominali di una lesbica proprietaria di palestra
  9. i fianchi di un ragazzino di 9 anni
  10. braccia di Michelle Obama e tette da barbie».

La vibe. L’aesthetic. Subito dopo i femminismi online. Mode che sono diventate lavoro, lavori che poi sono diventati centinaia di migliaia di euro di capitale circolante.

Fuori invece non siamo mai state così piene di bisogno di piacere, di essere perfette, di non invecchiare, di stare nei vestiti come ci sta Betty Boop. Il capitalismo è maschilista più che mai, meglio di prima. Ammetterlo sarebbe già l’inizio della soluzione, che non c’è mai stata tanta distanza tra quello che succede e quello che crediamo stia succedendo per merito di una inventata nuova coscienza sociale prodotta dai social.

Ester Viola (Morbegno, 1978), avvocato e scrittrice. Ha pubblicato per Einaudi “L’amore è eterno finché non risponde” (2016) e “Gli spaiati” (2018). Ha una newsletter, “Ultraviolet”.