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Davanti al muro delle fiabe di Kyiv

Il viaggio in Ucraina di 555 libri di Shirley Hughes, autrice per bambini amatissima in Inghilterra, raccontato da suo figlio e dai suoi incontri con le bibliotecarie dei «rifugi emotivi» in cui ragazzi e madri curano l’ansia della guerra. Il potere di una favola letta a voce alta: trasformare il principe in un venditore ambulante. O in un soldato?

Olha Shemota accompagna un gruppo di studenti della scuola media n.163 di Kyiv lungo una serie di splendidi pannelli in ceramica che illustrano la storia della stampa fino a una meravigliosa parete che ritrae delle fiabe. Gli alunni, bambini tra i 10 e i 12 anni, in occasione di questa gita speciale in biblioteca con la loro guida Olha, la bibliotecaria, indossano le vyshyvanka, le tradizionali camicie ricamate ucraine.

Questo muro delle fiabe è un enorme fregio di ceramica semicircolare, dell’artista Olha Rapay-Markish. Lungo un arco sono dipinte le fiabe ucraine, lungo l’altro le fiabe internazionali, come quelle di Hans Christian Andersen e dei Fratelli Grimm, si passa dall’ucraina Mavka – la storia di uno spirito della foresta che si innamora di un musicista umano – al Gatto con gli stivali, che conosciamo bene. Poi, una volta arrivati in quel posto magico che è la sala di lettura delle fiabe, Olha invita la sua classe a sdraiarsi sul pavimento, sotto un soffitto di vetro colorato splendente che raffigura i segni zodiacali realizzato da Oleksandr Milozorov che, assieme a Rapay-Markish, è uno dei maggiori artisti ucraini – a dimostrazione della considerazione di cui gode questa biblioteca. Shemota esorta i bambini: «Sentite l’energia del sole primaverile».

Poi dritti nella sala di musica, dove su una colonna in ceramica, anche questa di RapayMarkish, ci sono Mozart al clavicembalo, menestrelli popolari e un gruppo jazz. C’è una canzone da imparare e cantare, si intitola La Ghirlanda ucraina, e fa così: «Una violetta per una vita lunga / Rami di viburno per la bellezza e l’amore / E il papavero rosso / Per quelli che hanno versato sangue per la nostra libertà». Proprio come gli ucraini fanno ormai ogni giorno.

La guerra non è mai lontana, nemmeno da una città come Kyiv, dove i bar e i teatri sono aperti. Lo sforzo di tornare alla normalità alla fine ha la meglio, come in questo venerdì pomeriggio di fine inverno dentro il mondo incantato della Biblioteca nazionale ucraina per bambini, che resta coraggiosamente aperta. «Un rifugio emotivo», lo definisce la direttrice, Alla Gordiienko, dove «tutto quello che facciamo inizia con un libro». «Un libro è la migliore medicina per l’anima», dice la psicologa infantile della biblioteca, Lada Tsybulska.

Mia madre – Shirley Hughes, amata e premiata autrice e illustratrice di diverse centinaia di libri per bambini – avrebbe trovato in questo luogo un angolo di Paradiso in terra, se fosse ancora qui con noi (è morta nel febbraio del 2022, il giorno dopo che la Russia ha invaso l’Ucraina). In occasione di questo primo anno di guerra che è anche il primo anno per me senza di lei, la collezione di libri della mamma è arrivata qui. Non soltanto a Kyiv in realtà: decine di libri sono in viaggio verso Mykolaiv, città martoriata del sud; altri sono destinati alla biblioteca di Bila Tserkva, che ospita quel che si è riuscito a salvare della biblioteca di Mariupol; altri ancora viaggiano verso Kherson, sul fronte di guerra.

Questa è la storia dei libri in viaggio, i libri di mia madre.

L’estate scorsa stavo svuotando con mio fratello Tom e mia sorella Clara la nostra casa di famiglia – lo era stata per 67 anni – per venderla. Lì c’era la collezione personale di mia madre dei libri che aveva scritto e illustrato lei stessa: erano più o meno mille. Alcuni li abbiamo tenuti, altri – qualche centinaia – li abbiamo distribuiti nelle scuole del Regno Unito, altri ancora – 555 – erano destinati a un altro progetto.

Grazie ad amici e altri giornalisti legati al Prix Bayeux – faccio parte della giuria di questo premio per miglior reportage di guerra che viene assegnato ogni anno in Normandia – ho avuto la fortuna di conoscere Raechel Isolda, un’operatrice umanitaria di origini franco-scozzesi. Ci siamo incontrati a Bayeux, ma avevamo anche un’altra connessione: i libri che lei leggeva da bambina prima di andare a dormire erano di una certa Shirley Hughes. Raechel lavorava allora per Bibliotèques Sans Frontières e il nostro progetto iniziale fu quello di portare i libri di mia madre nei centri per rifugiati organizzati in Polonia. Ma la burocrazia ci ha reso le cose difficili e Raechel ha avuto un’idea diversa: perché non li portiamo in Ucraina?

Così ha fatto, si è occupata dei camion, degli autisti e delle scartoffie. E così i personaggi preferiti di mia madre, Dogger e Alfie – e gli altri – si sono messi in viaggio lungo la cosiddetta “autostrada dei missili Himars” in direzione di Kyiv, in direzione della guerra. (Nel Regno Unito esiste un premio di letteratura per ragazzi che si chiama Kate Greenaway Medal. Nel 1977 Dogger l’ha vinto, ma ha anche vinto il “Greenaway dei Greenaway”, ovvero il premio per il vincitore più amato di tutte le edizioni del Greenaway fin dalla sua istituzione, nel 1956).

Il 17 marzo, i libri usciti dallo scantinato da liberare della mia casa di famiglia si sono ritrovati impacchettati in fiocchi gialli e blu color Ucraina, impilati sui tavoli della biblioteca, in attesa di 120 bambini per la presentazione ufficiale.

Ma che cos’è questa biblioteca nazionale di Kyiv? La direttrice Alla Gordiienko è qui da quarant’anni, dice che questo è «l’unico lavoro che abbia mai fatto». E’ originaria di Borodianka, vicino alla famigerata centrale nucleare di Chernobyl, a nord di Kyiv, dove nel 1986 si verificò un terribile incidente:

«Quando successe il disastro, avevo vent’anni; nel febbraio del 2022 ho dovuto fuggire da casa mia per la seconda volta». I carri armati russi erano avanzati lentamente sulla strada di casa sua e avevano sparato un razzo nel suo giardino. Alla racconta che l’anno scorso la biblioteca ha celebrato il suo cinquantacinquesimo anniversario, «anche se il nemico ha cambiato i nostri programmi per i festeggiamenti». Da quando è scoppiata la guerra «arrivano bambini chiusi come ricci, e bisogna aiutarli ad aprirsi. A volte la cosa giusta da fare è lasciarli rincorrere e urlare per un po’». Mi mostra la sala discoteca, con le luci stroboscopiche: «Qui possono lasciarsi andare e divertirsi», anche se nell’aula di musica, accanto al giradischi, ci sono solo vinili di Chopin e musica tradizionale.

Ogni biblioteca qui si trova inevitabilmente anche su un altro fronte, quello dell’affermazione della cultura e della lingua ucraina in un paese in cui molti parlano ancora russo. Gordiienko spiega che «non c’è alcuna intenzione di occultare i classici russi e le fiabe, ma non accetteremo libri russi contemporanei».

Fino al momento in cui arriviamo nel rifugio anti bombe, potremmo quasi dimenticarci di essere nel bel mezzo della più grande guerra della nostra epoca. Sul muro c’è scritto Skazhi Palanyitsa, «un pane speciale preparato durante le festività ucraine precristiane, celebrate per il raccolto o la semina», spiega la vicedirettrice, Lyudmila Batsai. A volte durante gli attacchi aerei i bambini sono rimasti qui dentro anche per tre ore, grati per i libri, il wifi e i collegamenti su Zoom.

Lada Tsybulska, la psicologa della biblioteca, lavora in quello che definisce «uno spazio dell’anima» per bambini e genitori. Una componente importante è “il tempo delle mamme”, «per le madri impreparate a tutto questo, e per la loro angoscia che inevitabilmente trasmettono anche ai bambini. Qui possono stare insieme, condividere le loro preoccupazioni o semplicemente chiacchierare. Una madre felice è una famiglia felice». Quando si lavora con bambini più grandi, molti dei quali hanno subìto un trauma, «fare la psicologa in una biblioteca piuttosto che in una clinica fa la differenza. Per un ragazzo che si trova in difficoltà non è difficile venire qui, nessuno ti deve accompagnare in ospedale e ogni cosa inizia con un libro».

In una stanzetta, Svitlana Kopiova aiuta i bambini a piegare edizioni minuscole di poesie ucraine da mettere in tasca ai soldati, legandovi attorno un fiocco. Suo figlio è tornato dalla battaglia di Bakhmut con una gamba gravemente ferita. Insegna ai bambini anche a creare bambole e angeli di pezza «che i soldati attaccano alle loro uniformi, come talismani, e quando possono, anche alle armi».

La cerimonia di donazione dei libri di mia madre è stata indimenticabile. Abbiamo fatto vedere un suo filmato registrato durante un programma televisivo del 2016, mentre teneva in mano Dogger e raccontava la sua giornata lavorativa, e il suo metodo. Io ho raccontato ai ragazzi di quando mia madre era un’adolescente, durante i bombardamenti su Liverpool, e di quanto oggi sarebbe stata partecipe e comprensiva rispetto a ciò che che sta passando l’Ucraina. Ho ricordato che a vent’anni mia madre era andata a Firenze insieme allo storico dell’arte John Hale: voleva studiare i grandi maestri e disegnare l’Italia del Dopoguerra – era il 1947. Infine ho letto Dogger, proiettato su uno schermo e tradotto in ucraino.

Alla Gordiienko ha parlato delle altre biblioteche ucraine alle quali sono stati consegnati i libri, ha detto che avrebbero «condiviso la nostra vittoria», e mi ha consegnato una medaglia e una bambola di pezza realizzata dall’adorabile Svitlana Kopiova. Il telegiornale nazionale ha trasmesso un lungo servizio e in un commento online si legge:

«Gioia e felicità senza limiti, questi sentimenti sono possibili anche durante l’invasione dell’Ucraina. I piccoli lettori ucraini e i bibliotecari delle biblioteche per bambini hanno potuto provare queste emozioni oggi, perché la Biblioteca nazionale ucraina per bambini ha ricevuto una collezione unica di libri della famosa illustratrice e scrittrice Shirley Hughes».

L’ironia di questa storia è che noi abbiamo fatto esattamente quello che dovevamo portando i libri della mamma a questi meravigliosi bambini che vivono in una guerra immensa, ma la verità è che le biblioteche ucraine non ne hanno così bisogno quanto le biblioteche per bambini nella maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale. L’Ucraina indipendente ha rinnovato – e sostenuto in nome della propria cultura – l’impegno per l’alfabetizzazione letteraria infantile oltre i tempi sovietici, mentre l’Europa occidentale e gli Stati Uniti hanno dimezzato e smantellato le biblioteche, soprattutto quelle per i bambini. Così in alcuni paesi c’è una crisi dell’alfabetizzazione letteraria infantile, ma di certo questo non è il caso dell’Ucraina.

Nel tentativo di salvare le biblioteche per bambini, mia madre ha impiegato quasi la stessa energia che ha usato per riempirne gli scaffali: spesso invano. Senza l’ardire – non mi permetterei mai – di dire cosa fare alla coraggiosa Ucraina, io davvero ho fatto di tutto per rappresentare mia madre a Kyiv, dopo aver sentito che questo loro mondo incantato non è più al sicuro come in passato.

«A volte – spiega la vicedirettrice Batsai – ci dicono: in occidente non esistono posti come questo, quindi a cosa ci serve averne uno? Per ora qui siamo al sicuro, ma fuori da Kyiv si va verso la direzione di chiudere, più che di investire». Oppure, come si fa in occidente, si accorpano le biblioteche per bambini a quelle per adulti, e finiscono inevitabilmente in cima alla lista dei “risparmi”. Gordiienko aggiunge: «Quello che facciamo qui può essere fatto solo in un luogo dedicato ai bambini, uno spazio in cui sono loro i protagonisti».

Kyiv non è stata l’unica destinazione dei libri della mamma. Appeso alla parete della biblioteca per bambini di Kherson, c’è un cartellone, sopra la mappa del distretto, che dice: “Conosci i tuoi luoghi”. Anche lì arriveranno pile di libri. Sulla mappa sono indicati i punti di riferimento naturali o archeologici che i bambini devono imparare a conoscere. La biblioteca è temporaneamente chiusa: nell’arco dei pochi minuti necessari per parcheggiare l’auto e camminare un paio di isolati fino all’edificio, sono stati lanciati sei razzi russi dall’altra parte del fiume e si sono schiantati lì vicino. Kherson è stata liberata nel novembre scorso, ma viene bombardata ancora giorno e notte.

Il distretto di Kherson non è certo il confine degli orizzonti di questa biblioteca: la vicedirettrice Natalya Popova mi dice che dietro quella mappa ce n’è un’altra (che i russi non hanno trovato), quella degli Stati Uniti, ricevuta dopo l’arrivo di fondi nel 2001 all’interno del programma “Una finestra sull’America” dei Peace Corps americani. In quell’occasione fu anche ampliato il reparto dei libri stranieri, in cui ora ci sono volumi in 37 lingue. Al piano superiore, nella sala per la lettura e per i prestiti, si trovano edizioni tradotte di Shakespeare e il libro preferito dai bambini ucraini, 36 and 6 Cats, di Halyna Volovychenko, splendidamente illustrato da Natalka Haida. Nel settore dedicato all’arte, decorato con un murale che raffigura il Canal Grande di Venezia, «i bambini possono imparare a conoscere Leonardo da Vinci, ma anche a disegnare lo Stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie», dice Popova.

Durante l’occupazione, la biblioteca è stata gestita da collaboratori dei russi: la vicedirettrice apre e mi mostra pacchi di libri sugli scaffali contrassegnati dai russi come «letteratura di contenuto dubbio». Tra questi ci sono libri sulla Rivoluzione dell’Euromaidan del 2014 e sulla carestia degli anni Trenta causata deliberatamente da Stalin, oltre a giochi da tavolo sulla geografia e la storia americana.

A circa cinquanta chilometri a nord di Kherson, c’è Mykolaiv, bombardata senza sosta fino alla controffensiva ucraina dello scorso novembre: subito dopo la liberazione, la biblioteca per bambini ha riaperto a pieno servizio. Un’altra parte dei libri della mamma sta arrivando anche qui, la direttrice Tatiana Zhaivoronok mostra le immagini della notte in cui un razzo ha colpito direttamente il tetto della biblioteca, il 3 aprile del 2022. «Quando abbiamo celebrato il nostro centenario, un paio di anni fa, non avremmo mai immaginato di essere testimoni di eventi del genere». Le cose qui sono cambiate dai tempi dei sovietici, dice Zhaivoronok, «ma è rimasto l’amore per i bambini e per i libri e l’urgenza di portare conoscenza e letteratura ai bambini». Circa il 70 per cento dei libri esposti ora è in ucraino, dice la signora, «anche se Mykolaiv è considerata una città russofona. La nostra missione è far sì che i bambini leggano subito in ucraino, che è la lingua con cui i nostri bibliotecari insegnano e leggono ad alta voce. E se qualcuno avesse mai dubitato di come qui si impara l’ucraino, be’ i russi di certo hanno messo fine a ogni dubbio».

Tornati a Kyiv, discuto insieme ad Alla Gordiienko del libro della mamma Ella’s Big Chance – anche questo ha vinto il premio Greenaway –, una riscrittura di Cenerentola in cui Ella rifiuta la proposta di matrimonio del principe e sceglie Buttons, il venditore ambulante di cui è innamorata. «Oh, qui siamo tutti d’accordo», dice Alla, «in Ucraina non abbiamo bisogno di principi o re, abbiamo i nostri combattenti che sono molto meglio di loro!».

Edward Vulliamy (London, 1954) è un giornalista e scrittore britannico. Ha vinto numerosi premi per il suo racconto della guerra nei Balcani ed è stato il primo giornalista dopo Norimberga a testimoniare di fronte a un tribunale internazionale le atrocità documentate in Yugoslavia. Si è occupato della guerra in Iraq ed è stato corrispondente negli Stati Uniti e in Italia (1990-1994). Collabora con l’Observer, il suo ultimo libro è «When Words Fail: A Life with Music, War, and Peace» (Granta, London, 2018). Sta lavorando a un libro sulla musica e la guerra in Ucraina.