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E grazie per tutta questa bellezza

Sul ponte di Williamsburg qualcuno ha scritto in rosa: “Sei quasi arrivato. Goditi il panorama”. Sono bugie, ma ne abbiamo bisogno senza prudenza. Una nuova estate di celebrate fragilità è qui: per noi, per gli amanti, per le ragazze in pantaloncini e per chi sa cosa è l’estasi davanti al mondo

E ancora nella notte d’estate

c’è qualcosa di così rapito e luminoso che batto le mani nel vederlo.

Emily Dickinson

 

Sul vecchio ponte di Williamsburg, una montagna di ferro rosso sospesa che collega Manhattan alla zona di Brooklyn, nella strada riservata ai pedoni qualcuno ha scritto molte frasi di incoraggiamento con lo spray viola e rosa. “Forza, sei quasi arrivato”, “Alza gli occhi: ci sei già”, “Grazie per tutta questa bellezza”, “E adesso goditi la vista”, “Ce l’hai fatta!”, “Wow, non è fantastico?”. A un certo punto c’è anche il disegno di una ragazza che si masturba, forse perché molto felice di essere quasi arrivata. Quando ho letto “sei quasi arrivato”, in effetti ho esultato anch’io: ovunque stia andando vorrei sempre essere quasi arrivata. Il tizio delle frasi però ci ha presi in giro: non ero affatto quasi arrivata, non ero nemmeno a metà strada, e le nuvole d’estate fanno ancora più caldo se non c’è nessun vento a spazzarle via. L’ho capito dopo, che anche una frase rosa con lo spray può essere una bugia, e a quel punto ero davvero quasi arrivata e non me ne importava più niente. Nessuno mi aveva ordinato di credere alle parole viola e rosa piazzate sotto i miei piedi, in onore e in burla di quelli che attraversano il ponte per la prima volta e sono stupiti di tutto e vogliono avere capito già tutto. Che siamo quasi arrivati e che quindi dobbiamo goderci ogni istante: la vista, l’euforia di camminare, il posto che ci aspetta dall’altra parte, questa luminosa mattina di luglio che presto non esisterà più perché sarà finita, calpestata, passata. Il panorama e anche la gratitudine verso un incredibile ottimista bugiardo che con lo spray si è dedicato a incoraggiare gli sconosciuti a camminare senza pentirsi, e a guardarsi intorno con la giusta estasi, con l’umore alto di chi ha trovato un complice che gli ha svelato i trucchi della vita. Sotto i miei occhi e sotto quell’aria chiara e pesante ci sono però anche altre scritte: “L’America è una prigione, la libertà qui non esiste”. Scegli allora a che cosa credere, perché quando cammini e guardi in basso devi per forza credere a qualcosa. La bellezza o la prigione? Poiché la bellezza tra cielo e terra era abbagliante, ho scelto le frasi incoraggianti invece di quelle catastrofiche. Ho scelto: ce l’hai fatta, anche se non era proprio vero. Ho scelto anche di non pensare a tutte le cose in cui ancora non ce l’ho fatta e che mi fanno groppo dentro e salgono una sulle spalle dell’altra per diventare più grandi. Se ci viene incontro un altro giorno d’estate, dondolando così, allora bisogna soltanto ammirare la sua sfilata e dirgli: bravo.

Allo stesso modo, da qualche estate in qua scegliamo di credere che sarà l’ultimo agosto assurdo e sbagliato, e che dopo andrà tutto meglio: basterà continuare a camminare, alzare solo di tanto in tanto gli occhi, non credere mai a quelli che dicono: è una prigione, è un disastro, non finirà mai. C’è una guerra che non credevamo sarebbe scoppiata né durata, c’è un virus che non muore ma si trasforma, ci sono questioni enormi, incerte e nuove e intanto però ecco qui un’altra estate, tu dove andrai, quando parti, mi ami ancora? Qualcosa di diverso nei giorni d’estate li rende solenni, immobili, anche pietosi.

Siamo pieni di pietà per noi stessi e vorremmo solo che qualcuno scrivesse sul cielo con la bomboletta spray rosa: ehi, guarda, ce l’hai fatta. Anche se non è vero, ci importa solo di questo. Ce l’hai fatta, ora goditi il panorama. Ce l’hai fatta, quest’estate è tutta tua, te la sei meritata, però sii prudente e mettiti la mascherina.

Vogliamo essere perdonati di tutto, amati sopra tutto, e quest’estate di celebrate fragilità lo vogliamo ancora di più.

Emily Dickinson era un’appassionata d’estati, le ha amate tutte, le ha sentite con grande intensità, ha camminato e scritto, messo in versi la rugiada, atteso il profumo, atteso lettere in risposta alle sue, scritto altre lettere e altri versi stagione dopo stagione, li mandava al signor Higginson “per sapere se respiravano”. “Signor Higginson, è troppo profondamente impegnato per potermi dire se la mia Poesia è viva?”. Lui non era sempre incoraggiante. Ma non aveva, lei, alcuna pietà di se stessa, non aspettava l’estate come un risarcimento o come un riconoscimento. Lei era un genio e il signor Higginson certamente no, ma gli ha scritto comunque fino alla fine, estate dopo estate, cercando con le parole fidate le chiavi del mondo e offrendogli molto più di quel che lui potesse sostenere (e sperare) con la sua vita e con il suo intelletto. Natalia Ginzburg si chiedeva che cosa avessero provato i contemporanei di Emily Dickinson, che pure non la riconobbero, nel passarle accanto. “Una sensazione agghiacciante e profonda, perché la furia del mare investe e sconvolge anche i ciottoli delle strade e l’erba della paludi”. Così le persone devono aver sentito l’onda furiosa di una signora vestita di bianco che non ha mai chiesto all’estate di aspettarla, di fermarsi per lei. Hanno sentito l’onda e poi hanno continuato a ricamare, a comprare il sale, a ridere di una zitella che quasi non usciva più dalla sua stanza.

Se si fosse trovata ad attraversare un ponte sconosciuto, e avesse letto una frase incoraggiante, una piccola bugia tutta per lei, Emily Dickinson avrebbe trovato ancora una volta l’universo in un sassolino o nel ronzio di una mosca. Le sarebbe piaciuto scoprire che ci sono persone che desiderano con ardore e allegria, senza alcun calcolo, che gli altri arrivino in fondo alla strada. A piedi, in bicicletta, abbracciati all’amore della vita oppure impegnati a sorreggere la bisnonna che vuole godersi il tramonto, o anche per mano a una figlia, e di spalle a una madre. Sui ponti ci sono molti incontri di cani e padroni, molte facce di amanti, molte persone che contano i passi e vogliono soltanto sapere che ce la faranno anche quest’estate. La ragazza pallida con il foulard in testa lo chiede ogni mattina al fiume. Anche gli amanti se lo chiedono di continuo traloro, pretendono risposte lunghe e poi piangono a turno, ma basta una frase con la bomboletta spray: “Ce l’hai fatta” per sentirsi invincibili. Le ragazze sul ponte in pantaloncini corti non sanno ancora che

ce la faranno e invece bisogna ripeterglielo, bisogna che sappiano che quando camminano si sente il rumore del mare, quando ridono si increspano le onde. L’estate è tornata un’altra volta e ha fermato di nuovo tutto per loro, che sanno che cos’è l’estasi davanti al mondo. L’estate è una cosa con la scritta: ce l’hai fatta, goditi il panorama.