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Quando il cielo non farà più male

La mostra Victory a Kyiv trasforma in icone la resistenza quotidiana dell’Ucraina contro i russi. Kataryna Kosianenko ci ha raccontato la sua storia e quella del suo paese in guerra, tra dolore e futuro. Aspettando il giorno in cui si potrà guardare in alto, vedendo il blu e non il nascondiglio dell’orrore

In prima pagina “Buone notizie”. I quadri di Kataryna Kosianenko dedicati alla vittoria sono molti, quel giorno tornerà la normalità, i trattori torneranno a lavorare la terra, stare insieme di nuovo sarà una scoperta. Ci si incontrerà per chiedersi: e tu chi sei diventato?

In alto “Freedom”. Quanto può essere pericolosa un’azione tanto quotidiana come aspettare un autobus? Se l’attacco arriva, non ci sono rifugi, alcune fermate sono state prese di mira dai missili russi.

In basso “Fiori di ciliegio”. Il momento dopo il bombardamento è confusione e folla, i soccorsi arrivano assieme ad altri cittadini in cerca dei superstiti. Tra le macerie finisce tutto, anche la natura.

Qui sopra “Notte tranquilla”. Non sono molte le notti in cui si dorme, quando succede sembra un miracolo. Tra i santi della nuova Ucraina c’è il Javelin, il missile terra-aria famoso nei primi mesi dell’invasione. Ancora più santo del Javelin è l’uomo che lo porta in spalla.

È il cielo che fa più paura quando si sentono i bombardamenti in Ucraina.
È immobile, ma sembra una bocca, sputa fuori dolore quando le sirene iniziano a suonare. Per l’artista Kataryna Kosianenko, la fine della guerra sarà come alzare gli occhi e smettere di avere paura di guardare il cielo, perché sarà soltanto un cielo, non il nascondiglio del male. Ci siamo incontrate a Kyiv, durante una mostra in cui si aggiravano visitatori che non smettevano di ringraziarla. Lei mi raccontava la sua vita, la fuga dalla capitale, il ritorno, il blocco creativo e la voglia di dipingere. Quadro dopo quadro, capivo meglio il senso dei tanti ringraziamenti. Kosianenko ha creato l’arte sacra del paese invaso, ha dato un credo alla sofferenza che chiede spiegazioni, ha trasformato in icone le fotografie della resistenza quotidiana. La mostra Victory è un’agiografia dell’Ucraina in guerra, in cui Kosianenko non espone soltanto il dolore, ma immagina il futuro, il sollievo, il bene, il ritorno, le “Buone notizie”, come si intitola il quadro nella prima pagina. Chi entra nell’icona smette di essere uomo e diventa santo.

“Il giorno della nostra vittoria”. Passerà del tempo prima di poter credere che la guerra sarà finita, ci si avvicinerà al suono della pace con timidezza, quasi che dopo due anni di guerra sarà difficile credere di essere salvi.

“Checkpoint”. Nei primi giorni dell’invasione le città erano blindate e sospettose, si dava la caccia alle spie, tutti conoscevano la parola da chiedere in caso di dubbi: Paljanitsa, impronunciabile per un russo. I sabotatori, che venivano chiamati “scarafaggi”, per Kosianenko avevano la forma di un mostro: lingua lunga, corpo stretto.

 

“Parole”. La guerra ha inventato un nuovo codice, un lessico che sta trasformando la lingua ucraina, le parole sono impresse nelle pieghe della mente, come sotto la tinta di questa icona.

Micol Flammini, giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia e Israele. È autrice, con Paola Peduzzi, di EuPorn, che è anche un podcast.