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Quando senza ciabatte ti prendevi l’Aids

Nel processo totale ai boomer, la villeggiatura è il privilegio più immorale. Ma un mese di vacanza allora significava dare fondo ai risparmi, fittare catapecchie al mare in cui si dormiva ammassati in dodici, cercare lo iodio ed evitare siringhe e colera. Ester Viola c’era. Oggi quelle settimane d’agosto sono un’altra cosa: la vita del lettore di menu. Buone vacanze da Review

Chi sono gli ultimi privilegiati del mondo, quelli che se la sono passata meglio? I boomer. Sono loro che hanno comprato case, fondato gli imperi gratis, preso le pensioni secondo la leggenda a 25 anni, quelli che studiavi giurisprudenza e bastava a farti ricco e notaio. Quelli delle invalidità inventate per prendere gli accompagnamenti, dei soldi a pioggia, dei concorsi facili, dei culi saldamente parati e incollati alle poltrone. Tutti i beni del mondo li hanno sbafati loro. Sono i prosciugatori delle casse nazionali, oltre, naturalmente, a essere i pensatori di tutte le unconscious bias che ci hanno rovinato la vita.

Sono ormai sei anni che imperversa, e rosicchia terreno, il processo totale. Tanto che i cacciatori di boomer adesso guadagnano terreno e arrivano quasi fino a me, che sarei ancora giovane, spero. A rischio boomer è chiunque superi l’età delle scuole. Ultimamente, avrete notato, fai vent’anni e sei un morto che parla.

«Il baby boom è il picco di un grande rimbalzo che si lascia alle spalle la Grande depressione e si fa portare in spalla dallo sviluppo del Dopoguerra. In molti paesi del mondo il progresso della seconda metà del Novecento corrisponde a un miglioramento delle condizioni di vita e conseguente crescita della popolazione. Seguendo il grafico della popolazione mondiale nel corso degli anni, la cosa si nota chiaramente: durante l’Ottocento c’è una lieve salita costante, poi con la fine del secolo la pendenza aumenta, e poi si vede una rampa che indirizza il grafico più o meno in linea retta verso i quasi otto miliardi di oggi. L’angolo di attacco della rampa è intorno ai primi anni Cinquanta. I boomer nascono proprio lì, parabolici».

Matteo Bordone, L’invenzione del Boomer, Utet.

Per ogni stagione c’è un attacco ai boomer per qualcosa. Ora i posti di potere, ora le pensioni, e verso fine luglio si comincia a parlare del privilegio di tutti i privilegi, il vantaggio più immorale. I boomer facevano un mese di vacanza, tutto agosto! Anche i poveri. Anche i miei genitori. Nati negli anni 50. E quelli come loro.

Per fortuna c’è qualche generazione X onesto (io) che c’era e può raccontare la verità.

La vacanza in effetti durava un mese. La villeggiatura era il frutto di un fondo di risparmio, intanto. Si mettevano da parte soldi per tutto l’anno, e nel carosello alla fine risultava un milione e duecentomila lire, il budget veniva raddoppiato dall’unione tra famiglie paesane: la casa al mare sarebbe stata divisa. Dove mangiano, si lavano i denti, fanno colazione e doccia in due, lo faranno anche in dodici.

Internet non ce n’era, bisognava fidarsi delle truffe analogiche, si decideva di credere ai paesani più fidati che ti facevano telefonare al cugino, che abitava tra Gaeta e Sperlonga, oppure in Calabria, verso Acquappesa, per fittare una casa bella capiente, per due famiglie. Si prenotava una vacanza non si sapeva dove. Né quanti bagni disponibili per dieci persone.
Ma c’era il mare, e andava bene qualsiasi mare, lo iodio è uguale in tutto il mondo. Non andavamo a divertirci, i nostri genitori ci portavano a prendere lo iodio. Serviva a tutto: a non ammalarsi d’inverno, a studiare, a non prendere la scoliosi e si sperava, a essere un poco più educati. Il mare stanca, dormiranno, mia madre partiva convinta ogni anno.

La casa di villeggiatura si rivelava un abuso di quattro muri fatti di cartone, una cucina arrangiata con due fornelli funzionanti su sei, la bombola del gas, materassi dei letti chissà di quale secolo. E in quelle lande perdute, caldissime, si crepava di caldo. All’ora di dormire ci si rigirava nei letti, le cicale non cantavano, urlavano, erano pazze, non si fermavano nemmeno di notte.

Il mare è a due passi, andate a piedi! Comodissimo! – aveva assicurato il cognato di Concetta che ci era andato l’anno prima. A cento metri, sì, ma dovevi attraversare una strada a percorrenza veloce e pregare diversi santi che non arrivasse nessuno sparato a centoventi all’ora.

La spiaggia era selvaggia, direbbero adesso. Ma si potrebbe dire pure: non attrezzata. Si cercava un lido di quelli che almeno assicurassero le pulizie ogni mattina. Perché uno degli incubi ricorrenti era la siringa nella sabbia, seppellita all’alba da qualcuno che si drogava. Tu camminavi e lì sotto poteva esserci l’Aids. Le cautele dei boomer erano dettate da paure molto assortite: nessuna crema solare – dei raggi ultravioletti velenosi nessuno sospettava l’esistenza, ci si scottava e pazienza – ma ciabatte sempre. Non si poteva stare senza ciabatte, o prendevi l’Aids.

Ogni tanto si sentiva nominare lo iodio dalle nostre madri. Dovevamo prendere questo iodio. Non si capiva bene dove, ma specie nei giorni ventosi dovevi respirare bene, forte. Doveva entrare in tutto il corpo, bisognava farne una scorta, sarebbe servito poi.

Di fosforo invece ce ne procuravano meno, pesce se ne mangiava il minimo e sceltissimo. Qualche alice e triglia fritta, finiva lì. Banditi i frutti di mare e le vongole, perché portavano colera. Vibrava ancora la parola vibrione, nell’aria, dopo l’epidemia di colera a Napoli per il pesce crudo a fine anni 70. Quindi non si fidavano più di niente: cozze, vongole e manco i calamari.

«Mia madre e le zie, quando stavano insieme, parlavano sempre in modo agitato, tanto da dare l’impressione che fossero preoccupate di qualsiasi cosa; ma stavolta erano più spaventate del solito – indicavano quello che era scritto su un giornale, e dicevano: e adesso cosa facciamo.

Mia zia si è accorta di noi e ha detto: avete capito? Bisogna stare attenti, è pericoloso. Poi hanno detto che le cozze non le avrebbero mangiate più e che però le avevano mangiate qualche giorno fa, hanno fatto i calcoli. Hanno detto: si muore. E hanno ripetuto più volte, con disinvoltura, una parola che le inorridiva, ma questo non impediva di pronunciarla di continuo. Colera, hanno detto. Era scritta sul giornale quella parola, con caratteri molto grandi. Avete capito?, hanno continuato a chiedere. Noi abbiamo capito che quello che era scritto sul giornale, coinvolgeva direttamente anche noi sulla spiaggia. Quando il giornale diceva cosa non bisognava mangiare, a cosa bisognava stare attenti, eravamo noi quelli che dovevamo stare attenti o non dovevamo mangiare. Quella mattina ho capito definitivamente che ero nato. E qualche giorno dopo ho provato subito, per la prima volta, la sensazione di morire.
Non ci fecero fare più il bagno, come se il mare intero portasse addosso il colera delle cozze. Tanto valeva tornare a casa. Quell’anno, grazie al colera, fummo sfortunati, e ce ne tornammo a Caserta prima della fine di agosto. Vibrione. Questa era la parola».

F. Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi.

E poi è arrivato il millennio nuovo, i figli dei boomer hanno preso gli aerei, viaggiato per il mondo e visto altri mari. Non si va in giro per lo iodio, non serve più. La vacanza è diventata una pretesa di vita come dovrebbe essere e come non può essere. E noialtri generazioni x, y e zeta ci vediamo nei piccoli ristorantini nelle sere d’agosto, ah come uno s’abitua subito alla vita del lettore di menu, con quella indecisione aristocratica sul cosa ho voglia di mangiare, che è la fame dei ricchi.

Ester Viola (Morbegno, 1978), avvocato e scrittrice. Ha pubblicato per Einaudi “L’amore è eterno finché non risponde” (2016) e “Gli spaiati” (2018). Ha una newsletter, “Ultraviolet”.