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Scene da un matrimonio italo finlandese

Raffaella Silvestri discute con suo marito Juha, economista finlandese, di Elly Schlein e Sanna Marin. Del futuro della sinistra in Italia. Del populismo e dell’istruzione, che qui è antiquata. Terapia di coppia con arma letale: facile per voi, che siete quattro gatti

Io sono un’esponente del popolo degli sfiduciati, quello che ha fatto vincere Elly Schlein contro ogni previsione degli iscritti del Pd, mentre mio marito, Juha Tolvanen, è un economista e professore universitario finlandese che vive in Italia, assistant professor al dipartimento di Economia e finanza dell’Università di Roma Tor Vergata. Mentre Elly Schlein vinceva le primarie eravamo entrambi in India, e io mi sono sorpresa quando, su una macchina che portava dal Maharastra al sud di Goa in un tragitto ingorgato e interminabile, lui mi ha detto «Be’, era scontata questa vittoria, no? L’alternativa per la sinistra era davvero condannarsi all’irrilevanza», e altre formule ancora più definitive e inusuali per lui, quali: «Questa era l’ultima occasione di una vera svolta per la sinistra italiana». L’ha detto con quel suo modo di osservare le cose da lontano senza parteggiare, il modo proprio degli accademici, «era l’ultima occasione per potersi mettere in condizione di fare una reale opposizione, vincente o no ma quantomeno credibile». Poi ha collegato questo momento non tanto all’elezione di Sanna Marin, prima ministra finlandese, ma a un evento precedente, la nomina di Li Andersson a capo dell’Alleanza di sinistra, un partito finlandese più a sinistra e più minoritario del Pd, di cui Andersson è stata la leader più giovane (aveva

28 anni quando ha vinto l’equivalente delle primarie). L’elezione di Andersson, in quel momento un evento minore, ha iniziato quell’onda lunga che poi ha visto la nomina a primo ministro di Sanna Marin, esponente del partito social democratico (una sinistra moderata più assimilabile al Pd), la formazione di un governo composto di sole donne (tutte le 5 leader di partito della coalizione, perlopiù under 40) che ha fatto notizia in tutto il mondo e che oggi, a fine mandato, mantiene un gradimento alto anche in Finlandia (la settimana prossima ci saranno le elezioni). Mentre la macchina prosegue lenta, tra un clacson e l’altro, ne parliamo. Alla finlandese.

Quindi Elly Schlein e Sanna Marin si possono paragonare?

No.

Perfetto. Che cosa accomuna e cosa distingue Elly Schlein e Sanna Marin?

Sanna Marin da un certo punto di vista arrivava a una tavola già apparecchiata, un paese cioè in cui le riforme erano state impostate e messe in pratica da governi socialdemocratici fra gli anni Sessanta e Ottanta. Riforme sulla sanità, sul lavoro, sulla scuola, sui servizi pubblici. Il governo precedente aveva fatto dei tagli allo stato sociale finlandese, e le persone non erano state per niente contente. Quindi il suo ruolo era rimettere a posto le cose.

Schlein invece…

Dovrebbe riformare da zero lo stato italiano.

Per ora è solo all’opposizione.

Ma quando sei all’opposizione devi dare una mappa precisa di dove vorresti andare se fossi al governo.

Per ora è stata accusata di fare più che altro una lista della spesa di cui non si sa chi pagherà il conto: istruzione, sanità, diritto alla casa…

Questa è una strategia abbastanza classica del populismo di sinistra.

“Populismo” per noi ha una connotazione piuttosto specifica, quindi questa cosa del populismo di sinistra devi spiegarla un po’ meglio.

È populista nel senso che sono molte promesse con scarso obbligo di mantenerle.

Questo è quello che fanno tutte le opposizioni, tutte le opposizioni sono populiste?

Non necessariamente. Per esempio negli Stati Uniti Elizabeth Warren candidata alle primarie aveva una lista di riforme ma anche un piano dettagliato per finanziarle (alzare le tasse). Coerente e realistico, quindi non populista.

Il New York Times il populismo di sinistra lo chiama “liberal red meat”, cioè argomenti facili da dare in pasto a una platea liberal. Dal punto di vista accademico come si definisce il populismo?

In generale serve anche un riferimento al “popolo”, un noi e un loro, una definizione di chi è il popolo a cui il politico si riferisce. Per esempio, qui sarebbero “le persone che fanno fatica”, un’ampia fascia di classe medio-bassa che al momento è lasciata indietro dalla politica e dai salari bassi. Molte delle promesse vengono fatte a loro, e molte altre agli intellettuali delle città. E’ a beneficio di questi ultimi che per esempio si parla di transizione ecologica.

Quella che noi chiamiamo la sinistra della Ztl.

[mi guarda confuso]

Sanna Marin è sostenuta dai ceti medio-bassi?

Molti degli elettori socialdemocratici storici sostengono ancora i partiti di sinistra, cioè il partito di Marin e anche quello più radicale. Ma c’è un conflitto, perché questi partiti sono diventati più “radical chic” e intellettuali. È un fenomeno diffuso quello delle sinistre che perdono voti rispetto ai partiti populisti di destra.

In Finlandia c’è una tradizione di elettorato socialdemocratico, mentre in Italia questa tradizione non c’è. Il Pd è un partito abbastanza recente e per la maggior parte della sua storia è stato poco efficace. Secondo te quale dovrebbe essere il ruolo di Schlein?

Ci sono delle cose che fanno parte di un “tipico” programma socialdemocratico che in Italia sono state un po’ dimenticate: creare servizi pubblici e capire all’interno dei servizi pubblici quali sono realistici oggi e su quali si potrebbe puntare per convincere le persone a votare per un progetto. Schlein può vendere delle promesse vuote, e a volte questa tattica funziona, e vincere le prossime elezioni promettendo un po’ di tutto a tutti, oppure può provare davvero a identificare un insieme di riforme che siano attuabili, compatibili le une con le altre, e “vendibili” come primo passo del programma di governo qualora venga eletto.

Adesso deve allargare il suo pubblico. C’è questo tema di conquistare la working class? Quella che in Italia vota Meloni.

In molti paesi inclusa la Finlandia non si cerca neanche più di recuperare quegli elettori convinti delle estreme destre fra le classi popolari. Però ci sarebbero dei problemi sociali facilmente identificabili e di ampio respiro da affrontare. Una sinistra si potrebbe chiedere: ok, quali sono le riforme che sono più vicine al mio elettorato e che migliorerebbero maggiormente la vita delle persone?

E quali sono?

Se vuoi fare qualcosa di realmente ambizioso, che piace a una grande porzione della popolazione, io guarderei alla cura dell’infanzia e all’educazione primaria. E’ una cosa che puoi “vendere” anche a chi non ha figli, che puoi vendere alle generazioni più grandi, perché tutto questo modello mediterraneo si basa sui nonni che fanno lavoro di cura gratuito. Ok, capisco che molti nonni vogliano farlo, ma magari molti sono più che altro costretti a farlo.

In Italia c’è questa cosa che mandare i bambini al nido vuol dire “parcheggiarli”. Possiamo fare una piccola parentesi su com’è diversa la prospettiva in Finlandia?

La prospettiva è che anche se hai i mezzi per avere una tata a tempo pieno o perfino se un genitore non lavora, preferisci mandare i bambini all’asilo nido perché quello è il luogo in cui imparano la socialità, le prime abilità relazionali, a giocare con gli altri. Strumenti che li avvantaggiano in futuro e nell’istruzione. Il successo del sistema dell’istruzione finlandese [stabilmente in testa alle classifiche sui risultati dell’istruzione primaria e secondaria, ndr] parte proprio dal kindergarten, dall’asilo nido. Dal fatto che a scuola non devi poi perdere tempo a imparare quelle abilità relazionali.

Ammesso che si recuperino. Io per esempio sulle abilità relazionali ho ancora delle lacune.

[Non raccoglie o non si diverte] E poi si libera chi oggi si occupa del lavoro di cura – soprattutto le donne – e le si mette in condizioni di entrare nel mondo del lavoro, favorendo la crescita economica.

Queste sono cose che hanno costi altissimi. Chi paga? Chi ha pagato queste cose durante il governo di Sanna Marin?

Sono cose che si pagano con le tasse, ma non è qualcosa che si è inventata Sanna. Sono state messe in piedi negli anni 60.

Mi sembra che la cosa principale che dici, come quasi tutti gli stranieri, è che l’Italia ha bisogno di riforme, anche riforme “di sinistra”. In Italia non abbiamo mai avuto i grandi governi socialdemocratici diffusi in Europa quando eravamo nel boom economico, e anzi quello che si era costruito in alcune regioni, lo si è smantellato negli ultimi 30 anni. Come la sanità pubblica in Lombardia. Adesso come si fa?

Non è un periodo facile per fare le grandi riforme che servirebbero qui: il debito pubblico non si può alzare molto. Ma molte delle cose che servono non hanno tanto bisogno di fondi immensi quanto di un reale cambiamento di mentalità. Per esempio, puoi non fare gli asili, che hanno un costo, ma puoi riformare il sistema di istruzione pubblica per renderlo più contemporaneo ed efficace.

In Italia pensiamo di avere la scuola migliore del mondo, più o meno.

Se quello che leggo è vero, come minimo non è molto moderna. Magari va bene nei contenuti, ma meno nei metodi. E un sistema d’istruzione e scuola moderna è essenziale perché migliora l’accesso all’istruzione superiore e universitaria e questo a sua volta aumenta la possibilità di innovazione, di creare aziende, di aumentare la produttività, che è quello di cui l’Italia ha bisogno.

Che cos’hai letto sulla scuola italiana?

Che non ci sono molte pause, che è basata sull’insegnamento verticale.

Che cos’è l’insegnamento verticale?

Dove c’è un insegnante che parla e gli studenti ascoltano.

Be’, che altri metodi ci sono?

L’apprendimento basato sui lavori di gruppo, l’apprendimento abbinato al gioco, al momento questo è validato nelle scienze dell’educazione e in Finlandia è sempre stato così.

Cioè a 8, 9 anni, devi ancora giocare a scuola?

Anche a 10, a 12 anni. Sei un bambino.

A cosa giocate in Finlandia?

Io?

No non tu, so che tu giochi a Magic the gathering.

Sì e imparo molto dal gioco.

I bambini in Finlandia che fanno?

L’apprendimento è basato sul problem-based-learning (Pbl), dove l’insegnante dà un argomento da sviluppare in piccoli gruppi. Questo metodo si oppone alle tradizionali tecniche basate sulla memorizzazione. Poi si dà molta libertà agli insegnanti, e ci sono cose come imparare a cucinare, suonare, fare fotografia e teatro non solo per la recita di fine anno ma come vera e propria materia, sport e giochi all’aperto. Tante cose fuori dalla classe.

Perché alle persone dovrebbe interessare questo punto della scuola?

Perché è lo strumento che farà ripartire l’economia e rimetterà il paese su una traiettoria di crescita.

Tutto giocando a scuola.

Sì. L’istruzione primaria è fondamentale per tutto l’apprendimento che viene dopo. E l’istruzione è una delle chiavi che conosciamo alla crescita economica.

E le altre?

La semplificazione del settore pubblico. Un’altra cosa non molto costosa, che richiede progettualità e un cambiamento di mentalità, rendere lo stato davvero al servizio del cittadino. In modo che il cittadino si veda aiutato, veda dei cambiamenti, sia bendisposto a pagare le tasse. Servono sistemi informatici, ok. Ma poi porta a un risparmio perché il sistema necessita di meno manutenzione e le persone sono più felici e fiduciose.

Perché è importante che le persone siano felici? [la parola felicità ricorre, e la Finlandia è stabilmente il “paese più felice al mondo”, e quando io scrivo della Finlandia non riesco mai a far davvero capire cosa intendono loro. A volte lui mi dice: the country is easy on you, mi sembra il modo migliore per spiegarlo, il paese ti tratta bene]

Perché se le persone sono soddisfatte pagano più volentieri le tasse. E’ tutto lavoro preliminare che devi fare prima di poter costruire davvero quei servizi sociali di cui le persone hanno bisogno.

Mi sembra sia giunto il momento di dire: ma lo potete fare in Finlandia perché siete solo quattro gatti [un’espressione che ha imparato anche lui in italiano, cuatro gati]

Ma la digitalizzazione al contrario è più facile da fare nei paesi più grandi, perché i sistemi sono scalabili e i benefici maggiori a parità di investimento iniziale. Sono cose che si ripagano da sole.

Cosa succederà nelle prossime elezioni finlandesi? Com’è visto il governo di Sanna Marin? Noi l’abbiamo apprezzata per l’ingresso nella Nato e per il fatto di essere una giovane donna, argomenti diversi rispetto a quelli per cui è giudicata in patria.

Non è stata una grande riformista, ma ha fatto quello che doveva e cioè ha riportato i servizi pubblici ai livelli precedenti ai tagli. Per fare questo ha aumentato il debito pubblico, e ha ricevuto qualche critica. Poi ha condotto una buona politica del lavoro che ha migliorato il tasso di occupazione, soprattutto durante il Covid. Uno dei motivi principali per cui ha un’alta popolarità al momento è come ha gestito la pandemia e la crisi con la Russia.

Schlein, invece, è chiamata a fare o pensare grandi riforme (anche se non è una cosiddetta “riformista”). Abbiamo detto istruzione, digitalizzazione, poi?

La politica di immigrazione. Siete la seconda nazione più vecchia del mondo. E non è che ci sia all’orizzonte un’inversione di tendenza.

Quindi?

In Finlandia, uno dei motivi per cui i populisti di destra hanno perso consensi è che la gente si è resa conto che abbiamo bisogno dell’immigrazione. E’ diventato ragionevole convincere le persone che dobbiamo favorirla.

Ma la Finlandia ha una politica di immigrazione fra le più rigide in Europa, e sta pure costruendo un muro.

Il muro non mi piace. Ma la relazione con la Russia è difficile.

Ok torniamo all’immigrazione in Italia.

Le più grandi economie del mondo, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Cina, tutte le economie più grandi sono costruite su una crescita della popolazione. Stati Uniti crescita per immigrazione, Cina crescita interna. La Gran Bretagna è cresciuta grazie all’immigrazione dalle ex colonie. Per la crescita economica ci vogliono le risorse umane. La Germania è cresciuta molto grazie all’immigrazione dalla Turchia negli anni del Dopoguerra. Adesso l’Italia ha questa grande risorsa che risolverebbe il problema dell’invecchiamento della popolazione.

Sono risorse, è lavoro.

Molti italiani pensano che il lavoro non ci sia neanche per loro. Comunque su questo veniamo da presupposti davvero diversi. Qui abbiamo un’emergenza di persone che perdono la vita nel Mediterraneo. Quindi è un tema umanitario.

Sì, questo è un fallimento dell’Unione europea, che tutta la gestione a breve termine di questa esperienza non sia distribuita fra tutti i paesi. Per quanto riguarda il lavoro, il lavoro va creato. I laureati, soprattutto gli ingegneri e gli innovatori, dovrebbero voler creare aziende, start up, non fare i concorsi per i posti fissi.

Secondo te perché i giovani non creano le imprese? [i miei genitori accarezzarono per un attimo l’idea di mandarmi alla scuola americana di Opera, e lui dice che se avessi fatto le scuole americane a quest’ora sarei nella Silicon Valley, presumibilmente ricca, e lui in America ci vivrebbe, se non ci fossi io – amori conflittuali]

Per mancanza di fiducia nel sistema; per un sistema di tassazione troppo complesso, e che scoraggia guadagni extra perché li tassa interamente (marginal tax rate del 100 per cento o quasi); e poi perché manca una rete di sicurezza come la flexsecurity in Danimarca. Cioè un sistema di sussidio di disoccupazione che renda possibile cambiare lavoro “a cuor leggero”.

Come funziona?

È un sussidio molto alto ma che dura per poco tempo, così sei incentivato a “buttarti”, cioè provare a lasciare un lavoro sicuro per creare qualcosa di nuovo, ma devi anche rientrare nel mondo del lavoro molto presto. È l’ideale per provare a creare progetti imprenditoriali senza rischi enormi.

Elly Schlein ha parlato molto di precariato, non molto di crescita economica.

E questo è preoccupante. Anche nella prima intervista televisiva [quella da Fabio Fazio, che abbiamo guardato insieme] non è entrata molto nella politica, quello che dice è tutto sommato generico. Non è stata molto ambiziosa. Comunque, vediamo.

Come sta andando la campagna elettorale in Finlandia?

È tornata molto sulla politica vecchia scuola. Il ruolo dello stato, la spesa pubblica, cose così.

Magari torneremo anche noi, in Italia, a parlare di politica. Per adesso io e lui andiamo a fare il bagno, l’ultimo prima di intossicarci con l’acqua non potabile il giorno del volo di ritorno in Italia.

Raffaella Silvestri (Milano, 1984), scrittrice, ha studiato Filosofia di genere a Helsinki e Filosofia delle scienze sociali a Cambridge. Ha scritto i romanzi «La distanza da Helsinki» (Bompiani, 2014) e «La fragilità delle certezze» (Garzanti, 2017). Ha una newsletter, “Velluto”.