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Un croccantino al gusto anni 90

C’è l’incoronazione di re Carlo III, ma l’ultimo momento di rilevanza è stata Diana. Adesso il contemporaneo si manifesta solo a botte di guai e scrive come l’oracolo di Delfi. Il film sulle scarpe Nike: secolo scorso, che sollievo. Manca il talento per le minchiatine

Se scrivo “Incoronazione di Carlo”, come risposta del lettore mi aspetto spallucce. C’è il grande evento a breve, il 6 maggio, ma Carlo d’Inghilterra continua a non esistere. Non ci sono spettatori disposti a degnarlo di interesse. Su Amazon si trovano i costumi parodia del prossimo re con le orecchie da Dumbo – il dileggio, se sei una monarchia, è fatale, è l’inizio della fine. Un altro segno della nuova èra: dopo Elisabetta non ci sono successori neanche morali.

Qual è stato l’ultimo momento di rilevanza? Diana. Gli anni Novanta. Gli anni appena prima di internet, quando le cose succedevano fuori. Lo so, lo so che devo piantarla di parlare di anni Novanta come fossero l’Eldorado e l’altroieri. Helen Fielding, Nick Hornby, Sex and the City, gli Oasis. È tutto finito, tutto passato di moda, passato remoto, rassegnarsi. Io mi devo abituare al nuovo mondo, alla musica parlata coi testi di disagio giovanile e ultimamente pure adulto. Mi devo abituare ai coreani, alle storie di lutto e agli episodi depressivi come necessaria espressione dell’umano ai piani alti.

Allora leggo Byung-Chul Han. Il Bauman di questo ventennio. La società della stanchezza, Eros in agonia, L’espulsione dell’altro. Ma il contemporaneo si manifesta solo così? A botte di guai? Ma poi perché scrive come l’oracolo di Delfi?

La verità è opposta e simmetrica: cioè non siamo mai stati meglio e la cosa va avanti da un pezzo. Tutti i disastri emotivi con cui ci gingilliamo sono fesserie, problemi grassi. Il burnout perché facciamo tardi in ufficio a rispondere a quaranta email? Che coraggio.

«Quindici anni fa prevedevamo tutto, tranne una cosa: che il mondo sarebbe entrato in una fase di “belle époque”. Adesso ci siamo dentro in pieno. C’è il boom economico, un’aria di cuccagna, ognuno bada ai suoi interessi».

La “belle époque” inaspettata, in Tempi moderni, n. 6, luglio-settembre 1961, ora in Una Pietra Sopra, I. Calvino, Mondadori. Risposta a un’inchiesta su Valori e miti nella società italiana dell’ultimo ventennio (1940-1960), in Tempi moderni, n. 4, gennaio-marzo 1961. Ma perché leggiamo il coreano e non leggiamo Calvino? Siamo forse un pubblico che non capisce niente?

Ma non si può neanche resistere troppo ad alta voce, o ti dicono che sei reazionario e forse anche fascista. Così, mentre mi adatto ai consumi culturali recenti e cerco il bicchiere mezzo pieno, a un certo punto una fata turchina mi lancia un croccantino al gusto anni Novanta e mi trovo felice un’altra volta, l’offerta torna a essere anche altro da un cumulo di iatture autoriali. Sono andata al cinema e ho visto Air. Ben Affleck che racconta una storia del secolo scorso: come la Nike riuscì ad avere Michael Jordan per le scarpe che poi divennero le scarpe da ginnastica più famose del mondo. Sì, ho capito, è un filmettino molto carino e commercialino e però che sollievo. Un autore adulto che non è finito nella botola dell’avvitamento. Non c’è commozione ricattatoria! Miracolo! Che sollievo, dicevo. Quel saporiello di storia ben scritta, di sceneggiatura organizzata, di fatti vivi, di persone che con le possibilità a sfavore ce la fanno, di agenti avidi, fortuna, riscatto. Mi ridate l’industria culturale – questa – fatta a forma di soliti stronzi? Perché nessuno vuole più fare il solito stronzo?

«Uno se ne stava beato nella categoria della giovane e bella promessa, e quindi produceva filmini, romanzini, raccontini, saggini, articoletti e gingilli vari, sempre con l’aria di dire: ehi, gente, guardate che sto maturando; anzi, sono alle prese con una maturazione piuttosto ambiziosa. Quindi non giudicatemi per questi cazzetti che sto facendo adesso da bella promessa, da giovanotto che sta lievemente e lietamente divagando prima di affrontare la prova grande, a cui è chiamato dal destino: sono allenamenti in cui si tornisce il muscolo, e quindi conta di più il movimento in sé che non il raggiungimento del traguardo».

Venerati maestri: Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia, Edmondo Berselli.

S’è perso il talento per le minchiatine e s’è fatto strada un vittimismo che esige la massima attenzione. Staremo al gioco, con questo dolore sempliciotto, ci vorrà del tempo prima che il disaccordo riesca a prendere una forma precisa.

Ester Viola (Morbegno, 1978), avvocato e scrittrice. Ha pubblicato per Einaudi “L’amore è eterno finché non risponde” (2016) e “Gli spaiati” (2018). Ha una newsletter, “Ultraviolet”.